Di Carmine Soldano
È una scena ormai comune nei Comandi di Polizia Locale: un cittadino entra, spesso con un misto di frustrazione e speranza, e chiede di poter “vedere le immagini della telecamera comunale”.
Il suo veicolo è stato danneggiato, oppure ha avuto un sinistro con dinamica incerta. La zona è coperta da videosorveglianza comunale e, nella sua mente (e spesso anche in quella dell’operatore), l’idea sembra semplice: basta estrarre il video. In realtà, dietro quella richiesta apparentemente banale si cela un procedimento complesso, sospeso tra esigenze di sicurezza, diritti individuali e vincoli normativi: è qui che il Comando deve muoversi cum grano salis, con equilibrio e consapevolezza giuridica!
- IL QUADRO DI RIFERIMENTO: TRA DIRITTO D’ACCESSO E PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
La materia si colloca all’incrocio tra due sistemi giuridici paralleli ma convergenti:
- da un lato, la Legge 241/1990, che garantisce a ogni cittadino il diritto di accedere ai documenti amministrativi per tutelare un interesse diretto, concreto e attuale;
- dall’altro, il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR). Quest’ultimo, entrato pienamente in vigore in Italia il 19 settembre 2018, è stato recepito con il D. Lgs. 101/2018, che ha armonizzato il “vecchio” Codice Privacy (D. Lgs. 196/2003) al quadro europeo, abrogandone solo le parti incompatibili.
Il filmato di una telecamera comunale, dunque, non è un semplice “file video”: è un documento amministrativo contenente dati personali. Ne consegue la necessità di un bilanciamento, di una vera e propria ponderatio tra trasparenza e riservatezza, tra diritto di difesa e tutela della privacy.
- LA GIURISPRUDENZA COME GUIDA INTERPRETATIVA
La giurisprudenza amministrativa ha più volte affrontato il tema dell’accesso alle immagini della videosorveglianza, delineando un quadro interpretativo ormai consolidato.
In senso lato, i giudici riconoscono che il diritto di accesso, quando sorretto da un interesse giuridicamente rilevante e specifico, può prevalere sul diritto alla riservatezza, purché l’istanza sia circoscritta, proporzionata e rispettosa dei principi di necessità e minimizzazione del trattamento dei dati personali. L’orientamento che emerge è chiaro: la privacy non costituisce un divieto assoluto, ma un limite da bilanciare con altri diritti di pari dignità.
Ergo, l’Amministrazione, chiamata a valutare una richiesta di copia dei filmati, deve svolgere un’attenta ponderazione caso per caso, assicurando trasparenza e tutela dei dati al tempo stesso.
- L’ITER AMMINISTRATIVO: DAL PROTOCOLLO AL RILASCIO
Ogni istanza di accesso deve essere trattata come un procedimento amministrativo a tutti gli effetti. L’improvvisazione è pericolosa: ogni passaggio deve essere tracciato, motivato e conservato.
- RICEZIONE E PROTOCOLLAZIONE
L’istanza, scritta o digitale, va immediatamente registrata. Deve contenere: giorno, ora e luogo del fatto, finalità concreta dell’accesso (es. tutela legale, ricostruzione di sinistro), e l’indicazione precisa del punto di ripresa richiesto.
- CONGELAMENTO DEL DATO
I sistemi di videosorveglianza comunale cancellano le immagini automaticamente dopo pochi giorni (in media 5-7). Appena ricevuta la richiesta, è indispensabile bloccare o duplicare la registrazione pertinente per evitarne la sovrascrittura. Un gesto semplice, ma giuridicamente decisivo: senza quel “blocco”, il diritto di accesso diventa impossibile ex post.
- VALUTAZIONE ISTRUTTORIA
Segue la fase più delicata: verificare se il richiedente ha un interesse qualificato e se nelle immagini compaiono terzi non coinvolti. In tale ultimo caso, questi ultimi (i cosiddetti “controinteressati”) devono essere informati, potendo esprimere opposizione entro dieci giorni. La loro opposizione, tuttavia, non è vincolante: l’amministrazione deve decidere secundum legem e rationem, motivando il bilanciamento operato.
- RILASCIO O DINIEGO MOTIVATO
Se l’accesso viene concesso, le immagini devono essere fornite solo nella parte pertinente, oscurando volti, targhe e dati non indispensabili.
Se, invece, viene negato, il diniego deve essere motivato in modo puntuale, citando le ragioni giuridiche e tecniche (ex multis: cancellazione dei dati, assenza d’interesse concreto, segreto istruttorio).
- PRASSI VIRTUOSE
La prassi virtuosa prevede:
- una compliance interna che scandisca fasi, responsabilità e tempi;
- una modulistica dedicata, per standardizzare le istanze;
- la formazione tecnica del personale, specie su procedure digitali (oscuramento, tracciabilità, hash code);
- una comunicazione trasparente con il cittadino, evitando frasi evasive o burocratiche.
- IL DIFFICILE EQUILIBRIO TRA EFFICIENZA E TUTELA
L’accesso ai filmati di videosorveglianza, dunque, è un banco di prova della maturità amministrativa dei Comandi. Non basta conoscere la norma, occorre comprenderne lo spirito!
Il bravo operatore non è quello che dice sempre “sì”, né quello che dice sempre “no”, ma è colui che sa decidere con ponderazione, logica e metodo.
Come ricorda un noto principio del diritto amministrativo, in medio stat virtus: l’equilibrio è la vera forma della giustizia, anche, e soprattutto, nell’era digitale.
In conclusione, la Polizia Locale ha il compito di far sì che la tecnologia non diventi né un muro né un labirinto, ma una via, chiara e percorribile, verso la verità dei fatti.









