L’organo di polizia che può controllare il database della motorizzazione non può chiedere l’esibizione dell’originale cartaceo.
Di Michele Mavino
L’ordinanza n. 26705 del 2025 della Corte di Cassazione torna su un tema che, nonostante la progressiva digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, continua a generare incertezze operative per gli organi di polizia: la dematerializzazione del contrassegno assicurativo e le conseguenze sui controlli su strada.
Il caso trae origine da una sanzione elevata nei confronti di un automobilista che, fermato per un controllo, non aveva potuto esibire il contrassegno dell’assicurazione. Il conducente aveva sostenuto che, a seguito della completa digitalizzazione del sistema assicurativo, l’obbligo di mostrare il contrassegno cartaceo fosse venuto meno, e che la verifica della copertura dovesse avvenire esclusivamente in via telematica.
La Corte di Cassazione, richiamando l’evoluzione normativa intervenuta a partire dal 2012, ha confermato questa impostazione: il contrassegno cartaceo non esiste più e la sua “mancata esibizione” non può costituire di per sé una violazione del Codice della strada. L’articolo 180 del Codice, che impone al conducente di esibire i documenti di circolazione e di assicurazione, deve infatti essere interpretato in modo coerente con il nuovo quadro digitale, in cui la prova dell’assicurazione è affidata alla consultazione delle banche dati ufficiali.
La Corte ha chiarito che l’attività di accertamento da parte della polizia non viene meno, ma si trasforma. Gli agenti non devono più chiedere al conducente di mostrare un contrassegno, bensì verificare telematicamente la copertura assicurativa attraverso gli strumenti messi a disposizione dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti o dall’ANIA. La consultazione della banca dati, dunque, diventa la modalità ordinaria e pienamente valida per accertare la regolarità assicurativa di un veicolo.
Resta naturalmente ferma la possibilità di sanzionare i casi in cui la verifica informatica accerti l’assenza o la scadenza della polizza, con applicazione dell’articolo 193 del Codice della strada, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria e il sequestro del veicolo.
L’ordinanza ribadisce inoltre la piena legittimità dell’utilizzo di strumenti elettronici e di sistemi di rilevamento automatico – come i dispositivi di lettura targhe o i varchi OCR – purché debitamente approvati o omologati. Questi sistemi, integrati con le banche dati assicurative, permettono di svolgere controlli automatici anche in assenza di un presidio fisico sul territorio, nel rispetto delle garanzie procedimentali previste dalla legge.
Dal punto di vista operativo, la pronuncia offre un chiarimento utile per le polizie locali. L’agente non deve più chiedere al conducente l’esibizione del contrassegno, ma limitarsi alla verifica telematica della copertura; l’eventuale mancanza di dati in banca dati o l’esito negativo della consultazione giustificano la contestazione immediata della violazione dell’articolo 193. Allo stesso modo, l’uso di postazioni automatiche di rilevamento è perfettamente legittimo, purché le apparecchiature siano regolarmente certificate e collegate ai sistemi nazionali di verifica assicurativa.
In conclusione, la Corte di Cassazione conferma che la dematerializzazione del contrassegno assicurativo non ha ridotto i poteri di controllo delle forze di polizia, ma li ha semplicemente adattati al contesto digitale. Oggi la sicurezza giuridica non è più garantita dalla presenza fisica di un documento sul parabrezza, ma dall’affidabilità delle informazioni contenute nelle banche dati pubbliche.
Per la polizia locale, questo comporta un cambio di prospettiva: meno carta, più tecnologia, ma la stessa – e forse maggiore – responsabilità nel verificare con rigore la regolarità della circolazione dei veicoli.
Corte di Cassazione, sez. II civile, sentenza del 6 ottobre 2025, n. 26705
Fatti di causa
- P.A. proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Palermo con la quale era stato dichiarato inammissibile il ricorso dallo stesso proposto avverso il verbale di accertamento n. (OMISSIS), per il mancato deposito dell’originale dell’atto impugnato.
- Il Tribunale di Palermo accoglieva l’appello in quanto la statuizione circa l’inammissibilità dell’opposizione per non aver prodotto unitamente al ricorso il provvedimento opposto era erronea ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 150/2011 che non prevedeva più espressamente l’allegazione del provvedimento impugnato al momento del deposito del ricorso, ben potendo essere prodotto nel corso del giudizio, tanto più che l’onere di allegazione di copia del rapporto, degli atti di accertamento e di prova dell’avvenuta contestazione o notifica della violazione è posto in capo all’amministrazione irrogante.
Il Tribunale, pertanto, procedeva ad esaminare nel merito l’opposizione e la rigettava. In particolare, la sanzione irrogata nella specie conseguiva alla violazione dell’art. 180, n. 7, c.d.s. che sanziona non già specifici comportamenti trasgressivi nella circolazione, altrimenti e partitamente sanzionati, bensì l’inottemperanza, senza giustificato motivo, all’invito dell’autorità di presentarsi agli uffici di polizia, entro il termine stabilito nell’invito medesimo, per fornire informazioni o esibire documenti. Nella specie, l’opponente era stato sanzionato per non avere con sé, il contrassegno assicurativo, ed era stato invitato ad esibirlo presso gli uffici entro il termine di giorni 30; termine che non era stato rispettato, a detta dell’appellante per l’illeggibilità del verbale elevato in quella sede. L’esame della copia del verbale allegato al ricorso introduttivo ed esibito nel giudizio consentiva agevolmente di individuare oltre l’importo della sanzione ridotta, anche l’obbligazione accessoria di esibizione del contrassegno entro giorni 30. Peraltro, lo stesso appellante aveva dedotto che gli agenti verbalizzanti lo avevano reso edotto della possibilità del pagamento della sanzione in misura ridotta (pure pagata dal P.A.), per non avere con sé il contrassegno assicurativo, sicché era ragionevole presumere che egli era stato altresì ammonito di esibire il contrassegno agli uffici entro il termine di giorni 30. Altrimenti, diversamente ragionando, e ammettendo che gli agenti verbalizzanti si erano limitati a rappresentare la possibilità del pagamento della sanzione ridotta, (come sostenuto dall’appellante), questa non avrebbe trovato alcuna giustificazione.
- P.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
- L’amministrazione è rimasta intimata.
- Su proposta del relatore, ai sensi degli artt. 391-bis, comma 4, e 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c., che ha ravvisato la manifesta fondatezza del ricorso il Presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte per la trattazione della controversia in camera di consiglio nell’osservanza delle citate disposizioni nella versione precedente l’ultima modifica.
- All’udienza del 15 luglio 2021 la trattazione del ricorso è stata rimessa alla pubblica udienza non ravvisandosi l’evidenza decisoria.
- Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ragioni della decisione
- Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art 360, primo comma, n.4, c.p.c., e dell’art 112 c.p.c. in quanto – in relazione alla richiesta di annullamento del verbale impugnato, come compiutamente formulata nel secondo e del terzo motivo di ricorso presentato innanzi al giudice di pace di Agrigento, depositato in data 12/10/2016, reiterati nel ricorso in riassunzione proposto il 22/03/2017 avanti il giudice di pace di Palermo, ulteriormente indicati in via devolutiva nel ricorso in appello del 12/09/2018 – il Tribunale di Palermo, non si è pronunciato su tutte le domande articolate, così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia. conseguentemente si chiede che la sentenza venga cassata con rinvio al giudice di appello, perché provveda ad esaminare le domande prospettate.
Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado infatti parte ricorrente aveva censurato la legittimità del detto verbale di accertamento per violazione e falsa applicazione dell’art 31, comma 2 bis, d. l. n. 1/2012 in relazione alla dematerializzazione del certificato assicurativo e deduceva l’illegittimità del verbale di accertamento, in quanto emesso in violazione del Codice dell’Amministrazione Digitale, per omessa valutazione della copia digitale del certificato assicurativo offerto in visione dal preteso trasgressore.
1.2 Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Egli, infatti, ha premesso che l’art. 180, comma 8, d.lgs. n. 285 del 1992, trova applicazione anche in ordine alla mancata esibizione di documenti relativi all’accertamento della copertura assicurativa del veicolo: anche l’esame di tali documenti, infatti, è finalizzata all’accertamento della violazione prevista dall’art. 193, comma 2, d.lgs. n. 285 del 1992 che prevede una sanzione amministrativa per chi circola senza la copertura dell’assicurazione obbligatoria. Tale coordinamento non è radicalmente venuto meno a seguito c.d. dematerializzazione del contrassegno assicurativo che ha semplicemente comportato la cessazione dell’obbligo di esposizione del contrassegno a partire dal 18 ottobre 2015. Secondo l’Ufficio di Procura la sanzione deve essere riservata solo ai casi in cui non risulti possibile la consultazione della Banca dati accessibile alle Forze dell’ordine, ovvero allorché queste ultime nutrano dubbi circa l’autenticità della copia (anche in forma digitale) esibita dall’interessato. Solo in questi casi, in effetti, si giustifica pienamente l’ordine di presentazione presso gli Uffici al fine di documentare l’effettività e la vigenza della copertura assicurativa, risultando altrimenti tale ordine privo di qualsiasi giustificazione e, dunque, in quanto illegittimo, disapplicabile dall’autorità giudiziaria ordinaria, investita tramite l’impugnativa della sanzione, ai sensi dell’art. 5 Lac. Tale accertamento è stato, invece, del tutto pretermesso nel caso in esame dal Tribunale di Palermo: nonostante l’interessato avesse sostenuto, nel proprio ricorso, l’avvenuta consultazione della banca dati (ed il veicolo risultasse debitamente coperto dal contratto assicurativo) e nonostante egli fosse in possesso della copia digitale del certificato assicurativo, il giudice di merito ha insistito esclusivamente sulla violazione formale contestata al ricorrente, violazione che, in quanto originata da un ordine illegittimo e dunque disapplicabile, non avrebbe alcuna ragion d’essere. D’altronde, il fatto che l’ordine andrebbe riservato solo ai casi eccezionali sopra menzionati, trova conferma anche nelle scelte operate dal legislatore (successivamente ai fatti di causa). La legge n. 156 del 2021 (che ha convertito con modifiche il d.l. 121 del 2021) ha infatti modificato l’art. 180 introducendo un’ulteriore previsione secondo cui «L’invito a presentarsi per esibire i documenti di cui al presente articolo non si applica nel caso in cui l’esistenza e la validità della documentazione richiesta possano essere accertate tramite consultazione di banche di dati o archivi pubblici o gestiti da amministrazioni dello Stato accessibili da parte degli organi di polizia stradale, ad eccezione delle ipotesi in cui l’accesso a tali banche di dati o archivi pubblici non sia tecnicamente possibile al momento della contestazione». Anche il legislatore è dunque definitivamente intervenuto per circoscrivere la portata di una norma che, già in via interpretativa, poteva essere precedentemente delimitata secondo un criterio di ragionevolezza.
1.3 Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il collegio ritiene fondate le conclusioni indicate nell’originaria proposta così come quelle rassegnate dal Procuratore Generale.
La questione riguarda la legittimità dell’invito a presentarsi per esibire il contrassegno assicurativo sul presupposto della sussistenza della contravvenzione consistente nella circolazione stradale senza il suddetto contrassegno.
Per effetto dell’art. 31, comma 2 bis, d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito nella legge 24.3.2012, n. 27, è cessato l’obbligo di esporre sul veicolo il contrassegno di assicurazione, che l’impresa di assicurazione precedentemente consegnava all’assicurato unitamente al certificato di assicurazione. Infatti, in base al D.M. n. 110/2013 attuativo del suddetto decreto-legge n. 1/2012 il processo di dematerializzazione del contrassegno assicurativo si è concluso il 18 ottobre del 2015 con conseguente cessazione da quella data dell’obbligo di esposizione del contrassegno di cui all’articolo 127 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, nonché all’articolo 181 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
Dalla data sopra indicata le compagnie di assicurazione rilasciano solo l’attestazione dell’avvenuta stipula del contratto e del pagamento del relativo premio. Dunque, il contrassegno è stato sostituito dalla suddetta attestazione denominata certificato di assicurazione, che è necessario tenere a bordo del mezzo assicurato ed esibire in caso di impossibilità di accertare la copertura assicurativa del veicolo mediante l’utilizzo dell’elenco di cui al comma 2 dell’art. 31 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
La violazione contestata in data 7 giugno 2016 è stata quella della violazione dell’art. 180, comma 7, codice della strada di non aver ottemperato all’invito a presentarsi per l’esibizione del contrassegno. Il giudice dell’appello, pertanto, non ha tenuto conto del fatto che a partire dall’ottobre 2015 le compagnie di assicurazione non rilasciano più il contrassegno che, pertanto, oltre al fatto che non doveva più essere esibito ai sensi dell’art. 181 del codice della strada non era comunque nella disponibilità del ricorrente e pertanto non poteva essere esibito nei trenta giorni successivi.
Come si è detto, a partire dalla data sopra indicata l’unico documento che deve essere a bordo del mezzo è il certificato di assicurazione che, tuttavia, ha lo scopo di consentire l’accertamento della regolarità della assicurazione e di conseguenza della circolazione nel caso non sia possibile, come evidenziato dal P.G., l’accertamento mediante la consultazione della banca dati. Tale sistema è stato delineato dal legislatore per contrastare la contraffazione dei contrassegni relativi ai contratti di assicurazione mediante il c.d. processo di smaterializzazione di cui si è detto.
Dunque, l’accertamento avrebbe dovuto riguardare o la mancanza del suddetto certificato anche in copia digitale o l’impossibilità di controllare mediante la banca dati l’esistenza della copertura assicurativa e di conseguenza l’invito ex art. 180, n. 7, codice della strada avrebbe dovuto avere ad oggetto tale documento mentre l’odierno ricorrente era stato sanzionato per non avere esibito il contrassegno assicurativo, nei trenta giorni dall’invito di cui al verbale.
- Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: subordinatamente al precedente motivo, si deduce la nullità dell’impugnata sentenza in relazione all’art 360, comma primo, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 11, d.lgs. 150/2011, in quanto il Tribunale di Palermo, nel rigettare nel merito l’opposizione a sanzione amministrativa, avrebbe dovuto determinare l’importo della sanzione da comminare. conseguentemente se ne chiede la cassazione con rinvio in relazione ai profili accolti
2.1 Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo.
- La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti decidendo nel merito annulla il verbale di accertamento n. (OMISSIS).
- Le spese dell’intero giudizio possono essere compensate in considerazione della novità della questione oggetto del giudizio derivante dall’entrata a regime del processo di dematerializzazione del contrassegno assicurativo e dalla conseguente incertezza interpretativa, tenuto conto anche della necessità di coordinamento della riforma con le norme sanzionatorie del codice della strada.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito annulla il verbale di accertamento n. (OMISSIS), spese compensate per l’intero giudizio.