Di Francesco De Santis
L’art. 39 del T.U.L.P.S. prevede la facoltà del Prefetto di vietare il possesso di armi e munizioni a individui ritenuti pericolosi. La disposizione parla espressamente di persone ritenute capaci di abusarne. Il predetto articolo prevede -al secondo comma- la possibilità, partendo da una prognosi di rischio concreto e nei casi d’urgenza, che i pubblici ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedano al ritiro cautelare delle armi e delle munizioni legalmente detenute, dandone immediata comunicazione al prefetto. Quando sussistono le condizioni appena citate, con il provvedimento di divieto, il prefetto assegna all’interessato un termine di 150 giorni per l’eventuale cessione a terzi dei materiali di cui sopra menzionati. Nello stesso termine l’interessato comunica al prefetto l’avvenuta cessione. Il provvedimento di divieto dispone, in caso di mancata cessione, la confisca dei materiali ai sensi dell’articolo 6, quinto comma, della legge 22 maggio 1975, n. 152.
L’Autorità di P.S. deve attentamente valutare l’affidabilità e la condotta del soggetto ai fini dell’applicabilità dell’art.39 TULPS ed in buona sostanza, l’articolo appena citato prevede una discrezionalità da parte della P.A., nel vietare il possesso di armi e munizioni per esigenze di pubblica sicurezza e tale facoltà viene riconosciuta al Prefetto partendo da un’esigenza di tipo cautelare, ovvero non attendere i tempi del procedimento amministrativo.
Il personale appartenente alla Polizia Locale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, deve presentare per il porto d’armi la certificazione sanitaria che dimostri il possesso dell’idoneità psico-fisica (art. 42 Testo unico di pubblica sicurezza). Ciò si riferisce sia alla prima assegnazione dell’arma che ai successivi rinnovi.
Tale obbligo è confermato dalla legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale (legge 7 marzo 1986 n.65) e dal decreto ministeriale n. 145 del 4 marzo 1987 e tale accertamento riguarda la prima assegnazione dell’arma, ma, si ritiene anche per i successivi rinnovi annuali.
La sorveglianza sanitaria è costituita dall’insieme di accertamenti sanitari, clinici e strumentali, finalizzati all’accertamento dell’idoneità di un lavoratore a specifiche mansioni, nelle quali sussista un rischio per la salute.
Tale finalità viene perseguita attraverso la verifica della compatibilità tra la condizione lavorativa e lo stato di salute del dipendente, l’individuazione di fattori in grado di aumentare la predisposizione del dipendente agli effetti lesivi del lavoro e l’identificazione dell’ambito lavorativo più corretto allo stato di salute del dipendente.
La visita medica volta a verificare l’idoneità del lavoratore alle mansioni può essere effettuata:
- Preventivamente, cioè prima dell’avvio dell’attività lavorativa;
- Periodicamente, con la frequenza minima stabilita dalla legge o dal medico competente (che può ritenere opportuna una frequenza maggiore in alcuni casi);
- Su richiesta del lavoratore;
- Al cambio di mansione, se la nuova mansione comporta l’obbligo di sorveglianza sanitaria;
- Prima della ripresa del lavoro, se il lavoratore è stato assente per motivi di salute per oltre 60 giorni continuativi.
La periodicità (scadenza) delle visite di sorveglianza sanitaria, nel caso in cui non sia definita esplicitamente dalla legge, deve considerarsi di un anno e la frequenza della periodicità può essere modificata dal medico competente in funzione della valutazione del rischio.
L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità delle visite mediche di sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente.
La visita medica può essere effettuata dal medico competente nominato dal datore di lavoro oppure da un’apposita commissione Asl.
A seguito della visita, l’idoneità si conclude con uno dei seguenti esiti:
- Idoneità del lavoratore alle mansioni: in questo caso, le condizioni di salute fisica e mentale del lavoratore sono compatibili con le mansioni da svolgere; se il lavoratore ottiene l’idoneità alle mansioni, quindi, non significa che non abbia problemi di salute, ma solo che gli eventuali problemi non causano difficoltà nello svolgimento dell’attività alla quale è adibito;
- Idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni, indicazioni o limitazioni: in quest’ipotesi, il lavoratore può essere adibito alle mansioni, ma rispettando le prescrizioni e le indicazioni fornite dal medico;
- Inidoneità temporanea: in questo caso, il lavoratore è esonerato da quasi tutte o da tutte le attività inerenti alla sua mansione; deve essere indicata la data entro la quale si presuppone possa avvenire il recupero delle abilità provvisoriamente perdute del lavoratore;
- Inidoneità permanente: in quest’ipotesi, le condizioni di salute del lavoratore sono incompatibili con le sue mansioni in modo permanente.
In base al giudizio finale, il lavoratore può essere dichiarato, idoneo, idoneo con prescrizione, e può pertanto svolgere il proprio lavoro solo a condizione che vengano rispettate determinate misure di tutela e non idoneo per cui il lavoratore non può più svolgere quella lavorazione a rischio e deve essere destinato dal datore di lavoro ad altra attività.
Il medico competente è tenuto a informare i lavoratori sui risultati degli accertamenti sanitari, comunicando i giudizi espressi al datore di lavoro e a comunicare i risultati anonimi della sorveglianza in occasione della riunione periodica sulla sicurezza.
La circolare ministeriale – Ministero dell’Interno – del 21.12.2018 demanda ad opportuna regolamentazione dell’ente la disciplina pertinente le modalità di rilascio dell’arma perciò le delibere di Consiglio Comunale con le quali in coerenza con quanto sopra evidenziato, devono approvare il Regolamento della Polizia Locale, introducendo l’obbligo della verifica circa il possesso dei requisiti fisici necessari all’assegnazione dell’arma di servizio agli operatori di Polizia Locale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Alla discrezionalità dell’Ente locale di dotare dell’arma gli appartenenti alla Polizia Locale che, in possesso della qualifica di agente di P.S., debbono prestare servizio armato, corrisponde l’obbligo di accertare il possesso in costoro dell’idoneità psico-fisica all’uso delle armi.
Infine si consideri che la Prefettura di Vicenza con una nota del 2005, rispondeva affermativamente al quesito di un Comune, segnalando la necessità delle indagini sanitarie predette, prima dell’assegnazione dell’arma nonché il permanere dei requisiti psico-fisici degli agenti delle Polizie Locali che deve essere sottoposto a verifica, con la periodicità annuale prevista dall’art. 13 del TULPS.
In conclusione il provvedimento di assegnazione dell’arma individuale in via continuativa è soggetto a revisione annuale, come previsto dall’art. 6 comma 3 del Decreto Ministero dell’Interno n. 145 del 4 marzo 1987 e che la medesima norma stabilisce che si applicano, per quanto non previsto, le vigenti disposizioni in materia di porto e detenzione di armi e delle relative munizioni.