Accesso dei Consiglieri Comunali

Come contemperare la trasparenza con le esigenze di riservatezza.

Di Giacomo Pellegrini

Importante pronuncia del Consiglio di Stato, che con la sentenza n°5197/2025 Sezione V, ha dettato alcuni principi fondamentali in tema di accesso agli atti dei Consiglieri Comunali disciplinato dall’art.43 del TUEL. La questione portata all’analisi del vertice della giustizia amministrativa verteva tra l’altro su di una tematica abbastanza delicata, quella dell’affido di minori, ove pertanto le esigenze di riservatezza sono elevate alla massima potenza. I giudici, nel correggere la sentenza di primo grado emessa, nel caso specifico, dal T.A.R. Lombardia, ha evidenziato alcuni principi cui deve ispirarsi la disciplina dell’accesso agli atti da parte dei Consiglieri Comunali la quale, come noto, ha un’estensione più ampia di quella generale di cui alla l. 241/1990. Nonostante tale maggiore ampiezza, l’accesso dei consiglieri non può comunque sottrarsi alla regola del ragionevole bilanciamento, tra l’altro sotteso anche nella disposizione di cui all’art.43 TUEL, dal momento che l’accesso deve essere consentito ai dati utili all’espletamento del mandato e deve quindi porsi in un rapporto di strumentalità rispetto alle funzioni espletate, in modo da consentire al consigliere comunale di valutare con piena cognizione la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione. Tale strumentalità, continuano i giudici, implica proporzionalità della richiesta rispetto agli obiettivi perseguiti, e proprio in considerazione di tali limiti, i dati personali dei soggetti coinvolti dall’istanza di accesso possono rivelarsi non necessari, ed anzi sovrabbondanti, ed una loro ostensione comporterebbe una ingiustificata lesione della riservatezza delle persone. Ecco che quindi, concludono i giudici, i dati personali, che ricadono nella vita privata e familiare delle persone, possono essere comunicati al consigliere comunale solo qualora ciò sia effettivamente necessario per l’espletamento della carica. Nel caso in esame pertanto, dopo attenta valutazione, i giudici hanno ritenuto che tale ostensione non era necessaria, e che pertanto la riservatezza dei soggetti coinvolti nell’istanza di accesso poteva essere salvaguardata solo tramite l’esclusione dell’ostensione dei dati personali, ribadendo ancora una volta con forza come la privacy sia un diritto fondamentale legato alla dignità personale, tutelato dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

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