Nei Comuni con dirigenza il mancato rispetto espone l’ente a sanzioni della Corte dei Conti!
Di Luca Leccisotti
Con la sentenza n. 5909 del 2025, il Consiglio di Stato – Sezione V – ribadisce un principio giuridico fondamentale: nei comuni dotati di personale dirigenziale, l’incarico di comandante della polizia locale deve essere attribuito a un dirigente. Tale affermazione, oltre a consolidare la gerarchia delle fonti, assume rilievo determinante anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa e contabile, in quanto l’assegnazione dell’incarico a un funzionario non dirigente può esporre l’ente a censure della Corte dei Conti per danno erariale.
Il presente contributo intende ricostruire il quadro normativo, giurisprudenziale e contrattuale di riferimento, con attenzione agli elementi organizzativi dell’ente, al principio di legalità sostanziale dell’azione amministrativa, e al rapporto gerarchico tra fonti, alla luce anche della normativa regionale, come ad esempio la legge regionale Puglia n. 37/2011, che all’art. 14, comma 3, stabilisce che “il comandante del corpo di polizia locale è inquadrato nella qualifica apicale prevista per il personale dell’ente”.
1. Inquadramento del caso: tra regolamenti locali e fonti primarie
Il caso trae origine dal conferimento, da parte di un Comune dotato di dirigenza, dell’incarico di Comandante della Polizia locale a un funzionario inquadrato nella categoria D, disattendendo l’art. 14, comma 3, della legge regionale Lazio n. 1/2005, norma analoga a quella vigente nella Regione Puglia (L.R. n. 37/2011), che prevede espressamente la necessità di attribuire tale incarico a un dirigente, laddove presente nella dotazione organica dell’ente.
Il regolamento comunale, tuttavia, consentiva la nomina anche di funzionari non dirigenti, generando un contrasto insanabile con la normativa regionale. In questo conflitto tra fonti, il giudice amministrativo ha ritenuto doverosa la prevalenza della norma primaria.
2. Giurisdizione: il confine tra organizzazione e rapporto di lavoro
La controversia ha coinvolto anche il tema della giurisdizione. L’ente eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sostenendo che la nomina fosse atto di micro-organizzazione e quindi devoluto al giudice ordinario. Il Consiglio di Stato ha invece riaffermato la propria giurisdizione, rilevando che la nomina del comandante, in quanto incardinata in un atto regolamentare contrastante con norme primarie, incide su interessi legittimi organizzativi.
3. Interpretazione vincolante dell’art. 14, comma 3, L.R. Lazio n. 1/2005 e art. 14 L.R. Puglia n. 37/2011
Il punto centrale è la lettura combinata dell’art. 14, comma 3, della legge regionale Lazio n. 1/2005 e del corrispondente art. 14 della legge regionale Puglia n. 37/2011, che richiedono entrambe che il comandante sia inquadrato nella qualifica o categoria apicale dell’ente. In presenza di personale dirigenziale, la qualifica apicale è quella dirigenziale. Qualsiasi interpretazione difforme è in contrasto con la normativa di rango superiore.
4. Il principio di legalità e la gerarchia delle fonti
La sentenza ribadisce che, in presenza di antinomie tra fonti, la norma regolamentare comunale deve essere disapplicata se in contrasto con la legge regionale, trattandosi di una fonte di grado inferiore. L’atto amministrativo conforme al regolamento ma in violazione della legge regionale è da ritenersi illegittimo.
5. Il rischio erariale in caso di nomina difforme
Un ulteriore profilo, spesso trascurato ma di rilevante impatto operativo, riguarda il potenziale danno erariale che può derivare dalla nomina del comandante della polizia locale in violazione della normativa regionale. Diverse sezioni della Corte dei Conti (si veda Corte dei Conti, Sez. Lombardia, del. n. 74/2022; Sez. Toscana, del. n. 12/2021) hanno censurato prassi organizzative difformi, sottolineando che:
- La retribuzione erogata a un soggetto privo del corretto inquadramento giuridico rappresenta una spesa illegittima;
- L’attribuzione di funzioni dirigenziali a personale non dirigente viola i principi di legalità e buon andamento.
Ciò espone l’ente a potenziali azioni risarcitorie e a responsabilità contabile, specialmente ove la nomina sia reiterata nel tempo o priva di adeguata motivazione derogatoria.
6. Conclusioni
La sentenza n. 5909/2025 del Consiglio di Stato sancisce un principio oramai consolidato ma ancora frequentemente disatteso: nei comuni dotati di personale dirigenziale, l’incarico di comandante della polizia locale deve essere conferito a un dirigente. Tale obbligo, sancito da norme regionali quali la L.R. Lazio n. 1/2005 e la L.R. Puglia n. 37/2011, prevale su ogni previsione regolamentare comunale difforme.
La violazione di tale obbligo non solo determina l’illegittimità dell’atto di nomina, ma espone l’ente a censure da parte della Corte dei Conti, con potenziali conseguenze in termini di responsabilità erariale. Ne consegue la necessità, per le amministrazioni locali, di adeguare i propri regolamenti e atti organizzativi al quadro normativo vigente, salvaguardando il principio di legalità e l’interesse pubblico alla corretta gestione delle risorse umane e finanziarie.