Analisi alla luce del d.lgs. 36/2023 e del decreto correttivo n. 209/2024.
Di Luca Leccisotti
1. Premessa sistematica: il nuovo Codice tra ambizioni riformatrici e criticità applicative
Il nuovo Codice dei contratti pubblici, adottato con decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, si inserisce in un contesto ordinamentale segnato da profonde esigenze di razionalizzazione, semplificazione e modernizzazione della disciplina degli appalti pubblici. La delega legislativa recepita dal legislatore delegato ha conferito ampio margine di manovra nella costruzione di un testo normativo orientato ai principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato, come esplicitati nell’articolo 1 del Codice. Tuttavia, alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo correttivo n. 209/2024, emerge con evidenza una tensione tra l’enunciazione programmatica di detti principi e la concreta declinazione delle disposizioni normative, soprattutto con riferimento al regime degli affidamenti sottosoglia.
In particolare, la disciplina degli appalti sottosoglia sembra tradire, in parte, l’ambizione di coniugare efficienza ed effettiva concorrenzialità, rischiando di ridurre significativamente le occasioni di gara in favore di modalità semplificate di affidamento diretto che, sebbene previste dal legislatore in nome della celerità, comprimono l’effettiva contendibilità del mercato.
2. Il regime degli affidamenti sottosoglia: tra semplificazione e deroghe alla concorrenza
La disciplina degli affidamenti sottosoglia nel d.lgs. 36/2023 ha accolto, in continuità con le disposizioni emergenziali precedenti (in particolare i decreti “Semplificazioni” nn. 76/2020 e 77/2021), la possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere all’affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro e per servizi e forniture sotto i 140.000 euro (art. 50, comma 1, lett. a) e b)). Tali soglie, pur formalmente contenute, risultano nella prassi sistematicamente sfruttate per gestire una fetta rilevante del mercato pubblico.
L’ampio ricorso agli affidamenti diretti è stato giustificato dal legislatore in termini di semplificazione procedurale, soprattutto alla luce degli obiettivi di attuazione del PNRR. Tuttavia, l’effetto strutturale di tale impostazione è un indebolimento del principio della concorrenza, che rischia di divenire recessivo rispetto all’efficienza amministrativa, con evidenti ricadute sul pluralismo economico e sull’accesso al mercato da parte degli operatori economici.
3. Il decreto correttivo n. 209/2024: continuità sistematica e mancata svolta competitiva
Il d.lgs. 209/2024, presentatosi come “correttivo” del nuovo Codice, non ha inciso in modo significativo sul tema della concorrenza nel sottosoglia. Anzi, come evidenziato dalla dottrina e da alcuni osservatori istituzionali (si veda, ad esempio, Banca d’Italia, Relazione 2024), si conferma la tendenza alla marginalizzazione delle procedure ad evidenza pubblica. Il correttivo ha mantenuto sostanzialmente intatta la configurazione originaria degli articoli 50 e seguenti, limitandosi ad interventi marginali, come l’introduzione dell’obbligo di riservare alle PMI una quota del 20% delle prestazioni subappaltabili.
La Commissione europea, nei confronti di pagamento delle rate PNRR, aveva richiesto misure volte a riequilibrare l’utilizzo delle gare ordinarie anche in ambito sottosoglia. Il legislatore, tuttavia, ha scelto la via della circolare ministeriale, lasciando intatto l’impianto normativo: un approccio che, pur formalmente rispettoso dell’assetto codicistico, non pare sufficiente a ristabilire condizioni di effettiva concorrenza, in linea con i principi del Trattato e con la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.
4. I rischi sistemici del sotto-soglia come “area franca” alla concorrenza
La configurazione attuale dell’art. 50 del Codice, nella lettura confermata dal correttivo, rischia di cristallizzare un sistema nel quale le stazioni appaltanti, soprattutto quelle medio-piccole, preferiscono il ricorso all’affidamento diretto, riducendo lo spazio per la trasparenza e per la selezione tra più offerte. A ciò si aggiunge la possibilità di utilizzo di piattaforme proprietarie o non interconnesse al sistema nazionale di e-procurement, con ulteriori margini di opacità e disomogeneità.
Si è così consolidata una prassi per cui le gare pubbliche vere e proprie (procedure aperte o ristrette) sono divenute l’eccezione, anziché la regola, anche per importi vicini alle soglie europee. Secondo i dati Banca d’Italia, nel 2024 il 93% delle procedure si è svolto senza gara, attraverso affidamenti diretti o negoziate senza bando, con un impatto sistemico sulla libertà d’impresa, sulla qualità dei servizi e sulla tenuta del principio di uguaglianza tra operatori.
5. Il principio del risultato e la concorrenza “funzionale”
L’articolo 1 del Codice 2023 ha introdotto, tra i principi generali, il principio del risultato, inteso quale canone-guida per la selezione del miglior contraente in relazione al perseguimento dell’interesse pubblico. Tale principio, se correttamente declinato, può fungere da criterio ermeneutico per limitare l’abuso degli affidamenti diretti. In particolare, l’art. 1, comma 4, impone che “le stazioni appaltanti agiscono perseguendo il miglior risultato possibile, in relazione al valore e alla qualità delle prestazioni”, obbligo che dovrebbe indurre a preferire forme di comparazione tra offerte, anche nei limiti del sottosoglia.
La giurisprudenza amministrativa, pur non negando la legittimità del ricorso all’affidamento diretto, ha progressivamente valorizzato il principio del risultato come limite sostanziale all’arbitrio amministrativo, rilevando che la discrezionalità nella scelta della procedura non può mai tradursi in una deresponsabilizzazione dell’amministrazione (cfr. Cons. St., sez. V, sent. n. 639/2024).
6. La rotazione come principio e come limite
Altro elemento nodale nel regime sottosoglia è costituito dal principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti, posto a garanzia della contendibilità del mercato anche in assenza di gara. Il nuovo Codice (art. 49) mantiene il principio ma ne attenua la portata, lasciando ampi margini motivazionali per deroghe, soprattutto nei casi di affidamento sotto soglia minima. La giurisprudenza, tuttavia, tende a richiamare le stazioni appaltanti a una puntuale motivazione in caso di reiterato affidamento allo stesso operatore, ravvisando in caso contrario una violazione dell’art. 97 Cost.
7. Conclusioni: una riforma mancata?
L’analisi del quadro normativo e applicativo conduce a ritenere che il d.lgs. 209/2024, nella parte relativa al sottosoglia, non abbia invertito la rotta rispetto alla tendenza derogatoria consolidatasi nel Codice 2023. Il mantenimento di una disciplina che affida all’autonomia (e alla discrezionalità) delle stazioni appaltanti la scelta della procedura, in assenza di obblighi stringenti di trasparenza e confronto competitivo, rischia di cristallizzare un modello nel quale l’efficienza viene perseguita in modo avulso dal principio costituzionale della concorrenza.
Nel medio periodo, il venir meno della spinta propulsiva degli investimenti PNRR metterà a nudo le criticità di un sistema appaltistico che ha progressivamente marginalizzato il principio di pubblicità, rischiando di determinare concentrazioni, diseguaglianze e una diminuzione della qualità complessiva della spesa pubblica.
Sarà pertanto fondamentale che la giurisprudenza, la prassi amministrativa e – auspicabilmente – ulteriori interventi normativi correttivi ristabiliscano un equilibrio tra le esigenze di rapidità e semplificazione e i principi fondamentali di concorrenza, imparzialità e buon andamento.