Per il ristoro è necessario provare la sussistenza dell’insidia stradale.
Di Michele Giuliano Perrone.
È del 28 agosto 2025 l’ordinanza n. 24059 della Corte di Cassazione civile con la quale “gli ermellini” respingono il ricorso di un uomo caduto dalla moto a causa di “un insidia stradale”, non fornendo prove eloquenti atte a dimostrare il nesso di casualità tra il sinistro stradale e la buca.
IL FATTO
Nel mese di luglio dell’anno 2008 la parte lesa, conduceva un motociclo intestato ad una sua congiunta percorrendo una strada comunale con direzione di marcia verso il Comune di Latiano (Brindisi).
In quei giorni, nel territorio del Comune di Francavilla Fontana, dove ebbe luogo il sinistro, l’acquedotto pugliese – l’ente della Regione che si occupa della distribuzione di acqua pubblica – stava effettuando dei lavori di scavo per delle condutture. Detti lavori, venivano comunicati al Comune il quale provvedeva all’affissione ed al posizionamento di apposita segnaletica di cantiere al fine di rendere visibili i lavori.
Il ricorrente, caduto a causa di una buca, citava in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Francavilla Fontana l’ACQP, quale responsabile dei lavori, chiedendo il ristoro dei danni subiti.
La stessa ACQP, altresì, chiamava in causa le due ditte subappaltatrici dei lavori, responsabili materialmente della manomissione della sede stradale, per essere manlevate da responsabilità, ma, il G.D.P., respingeva la domanda.
Il malcapitato, insoddisfatto della sentenza, ricorreva in secondo grado presso il Tribunale di Brindisi, dove il Giudice d’Appello, esaminati gli atti a sua disposizione, rigettava la domanda del centauro, adducendo le motivazioni che la persona non aveva “fornito prove adeguate sufficienti a dimostrare quale fosse la buca che realmente avesse provocato la caduta”.
IL RICORSO PER CASSAZIONE
Nel ricorso alla Suprema Corte il motociclista, asserisce che, il Tribunale di Brindisi, non avrebbe oculatamente valutato, “la mancanza di prova del caso fortuito” gravante sul custode, che, si configura solo in casi di eccezionalità, inevitabilità ed imprevedibilità.
Il FOCUS DELLA SENTENZA
Secondo gli ”ermellini” il ricorso presentato dall’uomo è inammissibile, in quanto il giudice monocratico di Brindisi, aveva correttamente optato per l’orientamento derivante dall’art 2051 del codice civile (danno cagionato da cosa in custodia) non ritenendo provato il nesso di casualità tra i lavori, la buca e la caduta.
L’ammissione del fatto storico da parte di ACQP, inoltre, sempre secondo i giudici, non costituisce confessione.
Per cui le ragioni dell’attore nel procedimento civile volte a formulare una richiesta di ristorazione dei danni subiti sono inammissibili.
L’ARTICOLO 2051 DEL CODICE CIVILE ESAMINATO DAL GIUDICE D’APPELLO.
L’articolo 2051 del codice civile, stabilisce la responsabilità del custode per gli eventuali danni causati dalle cose che ha in custodia.
Si tratta di una forma di responsabilità oggettiva, basata sul rapporto di custodia con la cosa. Il custode, pertanto, può liberarsi da tale responsabilità solo provando il caso fortuito. Colui che viene danneggiato deve dimostrare il nesso di causalità tra la cosa ed il danno, oltre al fatto che il convenuto nel procedimento fosse il custode della cosa.
In definitiva per la corretta applicazione della norma de qua, devono ricorrere i seguenti presupposti:
- Il danno dalla cosa in custodia.
- Il nesso causale, ossia il legame tra la cosa ed il danno subito.
- La custodia. Il convenuto dev’essere il custode della cosa.
- L’esclusione della responsabilità: il custode deve dimostrare che l’evento dannoso è stato causato da un caso fortuito o un fattore esterno imprevisto, eccezionale ed imprevedibile.
Un esempio pratico dell’applicazione dell’art. 2051 del codice civile, si configura nel caso in cui un pedone cade a seguito di una buca su un marciapiede e, l’ente pubblico (custode e proprietario della strada), è responsabile del danno per incuria e degrado.
L’ente dovrà provare, per non corrispondere l’eventuale risarcimento, che l’incuria del marciapiede sia stata dovuta ad un agente esterno non previsto e non preventivabile (es: terremoto)o ad una condotta negligente del pedone.