NCC: il TAR boccia le norme sul Foglio di Servizio

Incompatibili con i principi costituzionali ed eurounitari in materia di legalità, proporzionalità, libertà economica, protezione dei dati personali e concorrenza.

Di Michele Mavino

La sentenza del TAR Lazio n. 15288 del 2025 affronta una questione particolarmente delicata per il settore del trasporto pubblico non di linea: la gestione del foglio di servizio elettronico (FDSE) per gli operatori NCC, disciplinata dal decreto interministeriale n. 226 del 16 ottobre 2024. Il provvedimento, nato per dare attuazione all’art. 11, comma 4, della legge quadro n. 21 del 1992, ha introdotto un sistema informatico nazionale per la registrazione delle corse, prevedendo anche un intervallo minimo di venti minuti tra un servizio e l’altro e una conservazione centralizzata dei dati per un periodo di tre anni.

Il ricorrente, un operatore NCC, ha contestato il decreto sotto diversi profili: dall’eccesso di potere all’illegittimità costituzionale delle restrizioni operative, fino ai rischi per la privacy derivanti dalla gestione accentrata dei dati personali di conducenti e clienti. Il TAR, pur riconoscendo la legittimazione e l’interesse concreto dell’operatore ad impugnare l’atto – confermando così un principio consolidato secondo cui gli atti generali sono impugnabili quando producono effetti diretti e immediati – ha dichiarato inammissibile la parte del ricorso riguardante la tutela dei dati personali degli utenti. Su questo punto il giudice ha chiarito che l’operatore NCC non può invocare diritti riferibili a terzi (i clienti), non essendo titolare di un interesse diretto alla loro protezione.

Per quanto riguarda il merito, la pronuncia si concentra soprattutto su due aspetti: i vincoli operativi introdotti dal decreto e la gestione centralizzata del FDSE. In primo luogo, il TAR ha evidenziato che il Ministero avrebbe dovuto limitarsi a definire le “specifiche tecniche” dello strumento, come stabilito dalla legge, mentre il provvedimento è andato ben oltre, introducendo un blocco informatico che impedisce la registrazione di una corsa se non con almeno venti minuti di anticipo e imponendo la coincidenza tra l’inizio di un nuovo servizio e la fine di quello precedente nello stesso giorno. Tali previsioni sono state giudicate una vera e propria surrettizia reintroduzione dell’obbligo di rientro in rimessa, già dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 56 del 2020.

Inoltre, l’impianto informativo previsto dal decreto si è spinto fino a creare una banca dati centralizzata presso il Ministero, con accesso esteso a diversi soggetti pubblici e un tempo di conservazione dei dati pari a tre anni, ben superiore ai quindici giorni previsti dalla versione cartacea del foglio di servizio. Secondo il TAR, questa trasformazione del FDSE in un vero e proprio registro nazionale degli spostamenti degli NCC e dei loro clienti non trova alcun fondamento nella legge e rappresenta un meccanismo sproporzionato e potenzialmente invasivo, soprattutto sotto il profilo della riservatezza degli utenti.

Il giudice amministrativo ha quindi disposto l’annullamento integrale del decreto, chiarendo che l’Amministrazione potrà emanare un nuovo atto solo limitandosi a disciplinare gli aspetti tecnici del FDSE, senza introdurre vincoli operativi o sistemi di controllo centralizzati di tale portata.

Questa decisione avrà ricadute significative sia per gli operatori NCC, che potranno continuare a gestire i propri servizi senza il vincolo dei venti minuti e senza l’obbligo di registrare ogni corsa in un archivio nazionale, sia per gli enti preposti ai controlli, come le Polizie Locali. Per queste ultime, infatti, la sentenza implica che, in assenza di un sistema elettronico vincolante e accentrato, la verifica delle attività NCC dovrà continuare a basarsi su strumenti tradizionali, come il foglio di servizio cartaceo o, in futuro, su un sistema elettronico meno invasivo e più rispettoso dei limiti normativi individuati dal giudice. Si tratta di un aspetto di particolare rilievo operativo: i controlli non potranno fondarsi su dati storici accentrati e disponibili per tre anni, ma dovranno essere svolti in modo diretto e immediato, con verifiche sul campo e richieste di esibizione della documentazione a bordo del veicolo.

Più in generale, la sentenza riafferma due principi chiave: da un lato, la libertà di iniziativa economica degli operatori NCC, tutelata dall’art. 41 della Costituzione, che non può essere compressa mediante vincoli temporali privi di base legislativa; dall’altro, la necessità di rispettare il principio di proporzionalità e minimizzazione dei dati previsto dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), principio che mal si concilia con la raccolta massiva e prolungata di informazioni sugli spostamenti delle persone.

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