L’ANCI pubblica la mappa nazionale riferita al 2025.
Di Michele Mavino
Il report “Mappa dei Comuni Digitali 2025”, frutto della collaborazione tra l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, propone un’ampia fotografia dello stato di digitalizzazione dei comuni italiani. Si tratta di un’indagine che integra i dati ufficiali del PNRR con una rilevazione diretta, alla quale hanno risposto quasi 4.000 enti, pari a circa la metà dei comuni italiani ma rappresentativi del 75% della popolazione nazionale.
Dall’analisi emerge come il processo di trasformazione digitale dei comuni sia ormai in una fase avanzata, con livelli di adesione ai programmi nazionali senza precedenti: quasi tutti i comuni hanno intrapreso la migrazione al cloud, una parte significativa ha già dismesso i server locali e, nel complesso, cresce l’attenzione alla sicurezza informatica e alla continuità operativa. Tuttavia, permane un divario tra grandi centri urbani e piccoli comuni, soprattutto sul piano delle infrastrutture di rete e della disponibilità di risorse specializzate. Nei comuni con meno di 5.000 abitanti, per esempio, la connessione ad alta velocità non è sempre garantita, e spesso manca una linea di backup, mentre i grandi comuni godono di reti più performanti e strutture di sicurezza più consolidate.
La digitalizzazione dei processi amministrativi segna un altro punto importante del rapporto. Tre quarti dei comuni hanno digitalizzato atti e delibere, anche se l’utilizzo sistematico della fascicolazione digitale rimane limitato. L’adesione alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND) è pressoché generalizzata, così come la diffusione della riconciliazione automatica dei pagamenti tramite pagoPA, anche se questa è più diffusa nei tributi e nei servizi scolastici rispetto ai servizi sociali. Le firme digitali sono ormai uno standard, ma non mancano realtà – soprattutto di dimensioni minori – che ancora faticano a utilizzarle pienamente.
Sul fronte dei servizi al cittadino, l’offerta digitale è cresciuta in maniera significativa: SPID e CIE sono strumenti ampiamente adottati, pagoPA è una realtà consolidata e App IO è utilizzata da una larga parte dei comuni. Particolarmente rilevante è l’adesione a SEND, la piattaforma che consente l’invio di notifiche digitali a valore legale, alla quale ha aderito quasi il 90% degli enti. Nonostante ciò, rimangono criticità sul back-office, ovvero sulla parte amministrativa interna: la gestione dei procedimenti, l’integrazione tra i sistemi informativi e la possibilità di monitorare online lo stato di avanzamento delle pratiche sono ancora aree di miglioramento. Anche la comunicazione digitale con imprese e professionisti, sebbene in crescita, non è ancora uniforme, e l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali (INAD), seppur introdotto di recente, è utilizzato da poco più della metà dei comuni.
Un aspetto particolarmente significativo riguarda la governance della transizione digitale. Il 75% dei comuni affida la gestione dei sistemi ICT a fornitori esterni, mentre la figura del Responsabile della Transizione Digitale (RTD), pur formalmente prevista, spesso è ricoperta da persone che hanno anche altre responsabilità amministrative e non possono dedicarsi pienamente a questo compito. La carenza di risorse economiche e di personale tecnico qualificato rappresenta una barriera comune, che si affianca, soprattutto nei comuni medi, alla difficoltà di introdurre una vera cultura dell’innovazione.
Dal punto di vista operativo, il rapporto evidenzia come la digitalizzazione non debba essere intesa solo come introduzione di nuove tecnologie, ma come un processo che richiede la revisione dei modelli organizzativi e dei flussi interni. Dove questo lavoro di riorganizzazione è stato fatto, i benefici sono visibili: semplificazione dei processi, maggiore efficienza, servizi più accessibili ai cittadini. Dove invece la digitalizzazione si è limitata all’acquisto di strumenti senza un cambiamento culturale, i risultati sono meno tangibili.
Per i comuni – e per settori come la polizia locale – si tratta di un’opportunità importante. Le nuove piattaforme consentono, ad esempio, di gestire in maniera più veloce le comunicazioni ufficiali, di integrare banche dati e servizi (dall’anagrafe ai pagamenti), di gestire in digitale pratiche e notifiche, riducendo tempi e costi. Tuttavia, senza una formazione adeguata del personale, senza un investimento nelle competenze e senza un approccio gestionale più moderno, il rischio è che gli strumenti rimangano sottoutilizzati, replicando in formato digitale processi nati per la carta.
In definitiva, il report racconta una pubblica amministrazione locale che sta cambiando rapidamente, sostenuta dagli investimenti del PNRR e da un quadro normativo favorevole, ma che deve ancora consolidare questo cambiamento in termini di organizzazione, competenze e cultura interna. È un cantiere aperto, nel quale la tecnologia è già disponibile, ma la sfida principale resta quella di saperla utilizzare per trasformare realmente i servizi e, con essi, il rapporto tra cittadini, imprese e istituzioni.