Podcast – Vigilanza ANAC e sanzioni nel nuovo Regolamento 2025

Architettura dei poteri, garanzie procedimentali e responsabilità operative delle stazioni appaltanti.

Di Luca Leccisotti

1. Premessa: la funzione di vigilanza come garanzia sistemica (e la centralità delle SANZIONI)

Il Regolamento ANAC sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici, come consolidato ed aggiornato al 3 giugno 2025, segna un punto di maturità del sistema. La vigilanza non è più solo un’attività di “moral suasion” o di indirizzo, ma diventa una funzione amministrativa piena, dotata di un proprio procedimento, di una propria filiera di atti e – soprattutto – di un apparato sanzionatorio capace di incidere sulle condotte patologiche non soltanto nella fase di scelta del contraente ma, in modo deciso, in fase di esecuzione.

La prospettiva che qui interessa è duplice. Da un lato, ricostruire la grammatica dei procedimenti di vigilanza e dei correlati procedimenti sanzionatori: quando si avviano, come si svolgono, quali garanzie assicurano alle amministrazioni e agli operatori, quale rapporto intrattengono con altri riti e altri poteri (precontenzioso, legittimazione straordinaria al ricorso, giudizi pendenti). Dall’altro lato – con particolare enfasi, come richiesto – mettere a fuoco il cuore punitivo del Regolamento: le fattispecie rilevanti, la quantificazione delle SANZIONI, il cumulo, la reiterazione, la definizione in misura ridotta, nonché le ricadute in termini di responsabilità dei soggetti della contrattualistica pubblica (RUP, direttore dei lavori, direttore dell’esecuzione, organi apicali).

Il messaggio di fondo è chiaro: la vigilanza ANAC opera su un campo largo ma con regole di ingaggio precise. Le SANZIONI non sono un orpello retorico né un rimedio di ultima istanza; sono strumenti ordinari di correzione dei comportamenti deviali, collocati all’interno di un procedimento che tutela il contraddittorio e la partecipazione, ma che è anche disegnato per non disperdere l’efficacia nel labirinto delle sospensioni.

2. Oggetto e basi legali: tra controllo di sistema e potere punitivo

Il Regolamento individua con nettezza il perimetro oggettivo della vigilanza: contratti di lavori, servizi e forniture nel quadro del Codice 2023; poteri informativi, ispettivi, di raccomandazione e – nei casi previsti – poteri sanzionatori. È interessante la scelta di collocare, nello stesso testo, tanto la procedura di vigilanza “pura” (che può sfociare in raccomandazioni) quanto la procedura sanzionatoria propriamente detta, con regole parzialmente comuni e snodi dedicati. In questa compresenza si coglie l’idea che la vigilanza non si esaurisca nell’osservazione; è un meccanismo di enforcement con un ventaglio di esiti, graduati per intensità.

Sul piano delle fonti, l’innesto principale è l’art. 222 del Codice: esso attribuisce ad ANAC, fra l’altro, i poteri di cui alle lettere a), b) e g) del comma 3. Proprio la lettera b) – che qui ci interessa in modo particolare – legittima l’Autorità a irrogare SANZIONI amministrative pecuniarie nelle ipotesi appositamente individuate, con un rinvio all’Allegato A del Regolamento per la tipizzazione delle fattispecie in fase di esecuzione. Si tratta di una scelta significativa: le prassi patologiche non si consumano solo nella scrittura dei bandi e nella selezione dell’aggiudicatario, ma soprattutto nel governo del contratto, dove si manifesta l’effettività del principio del risultato e la tenuta della concorrenza anche post‑gara.

3. Attivazione della vigilanza: d’ufficio, su segnalazione qualificata e tramite canali formalizzati

La vigilanza si attiva d’ufficio, su impulso organizzativo interno (in attuazione della direttiva annuale e del piano ispettivo), oppure su segnalazione. Le segnalazioni rilevanti provengono tanto da soggetti istituzionali (giurisdizioni amministrative e ordinarie, pubblici ministeri, Avvocatura dello Stato, altre amministrazioni) quanto da terzi mediante un modulo unico informatizzato disponibile sul sito dell’Autorità. La formalizzazione telematica non è un vezzo: consente tracciabilità, gestione delle priorità, completezza documentale. Le segnalazioni anonime in linea di principio sono archiviate, ma possono alimentare, se adeguatamente circostanziate, ulteriori verifiche o addirittura l’avvio di un procedimento autonomo.

La selezione delle segnalazioni – e qui si coglie un profilo di buona amministrazione – avviene in base a criteri di priorità correlati a gravità, rilevanza degli interessi coinvolti e attualità dell’intervento. Il regolamento promuove una cultura della responsabilizzazione dei flussi informativi: niente “pesca a strascico”, ma un filtro istruttorio che predilige le situazioni con impatto sistemico o con pregiudizi concreti all’efficienza della spesa e all’integrità della concorrenza.

4. Rapporti con altri procedimenti: precontenzioso, legittimazione straordinaria, giurisdizione pendente

Per evitare conflitti e duplicazioni, il Regolamento disciplina con finezza i rapporti con il precontenzioso (art. 220 del Codice), con la legittimazione straordinaria al ricorso e con i giudizi pendenti davanti al giudice amministrativo o ordinario. La logica è quella della leale cooperazione istituzionale: se pende un precontenzioso sul medesimo oggetto, l’avvio del procedimento di vigilanza o la contestazione dell’addebito possono essere sospesi; se pende un giudizio, la vigilanza o il procedimento sanzionatorio non si avviano o si sospendono fino all’esito. Diversamente, se l’Autorità ritiene di dover promuovere, in casi limite, il ricorso ex art. 220 con legittimazione propria, il procedimento di vigilanza si arresta perché subentra un canale processuale più incisivo.

Queste interrelazioni non indeboliscono la vigilanza; la ottimizzano. Il rischio di sentenze parallele o, peggio, di pronunce contraddittorie, è minimizzato. Per l’operatore e per la stazione appaltante il quadro è prevedibile: non si subiscono duplicazioni punitive, ma un unico percorso coerente con la scelta processuale/para‑processuale compiuta.

5. Il responsabile del procedimento e l’architettura degli atti

Il dirigente dell’ufficio di vigilanza è il responsabile del procedimento. Da lui partono la comunicazione di avvio e, quando ne ricorrano i presupposti, la contestazione dell’addebito. Le due comunicazioni possono essere unificate in un solo atto: scelta utile quando l’istruttoria di base ha già raggiunto un livello di specificità tale da consentire, contestualmente, l’apertura del file e l’individuazione della fattispecie sanzionatoria. La comunicazione indica oggetto, documenti e informazioni rilevanti, termini, ufficio competente e responsabile del procedimento.

Il procedimento si muove in una scansione temporale tendenzialmente serrata (regola dei 90 giorni per l’avvio/contestazione dall’acquisizione delle informazioni necessarie; regola dei 180 giorni per la conclusione, salve sospensioni tipizzate). Le sospensioni non sono una cambiale in bianco: sono tipiche e soggette a limiti massimi (fino a 45 giorni nella generalità dei casi; fino a 90 per le ispezioni; sospensioni automatiche per pendenze di cui agli articoli dedicati).

6. Partecipazione e istruttoria: il contraddittorio come valore strumentale

Il Regolamento tutela il contraddittorio in modo sostanziale. I destinatari dell’avvio/contestazione e gli altri soggetti portatori di interessi diretti, concreti e attuali possono accedere agli atti del procedimento nei limiti delle regole ANAC sulla trasparenza, depositare memorie e documenti, chiedere audizioni. Le ispezioni sono disciplinate puntualmente: si svolgono sulla base di un mandato del Presidente, possono avvalersi della collaborazione della Guardia di Finanza o di altri organi dello Stato, si concludono con relazione trasmessa all’ufficio richiedente.

Si valorizza, inoltre, la Comunicazione di risultanze istruttorie (CRI), vera e propria fase “dialogica” in cui l’Autorità, prima della chiusura, rappresenta i fatti e le qualificazioni che intende porre a base della decisione, invitando le parti a controdedurre o a conformarsi. In ambito sanzionatorio, ove emergano elementi nuovi o diversa qualificazione rispetto alla contestazione, una CRI “ad hoc” consente di evitare sorprese in decisione, con vantaggi evidenti in termini di solide basi motivazionali e di difesa.

7. Gli esiti della vigilanza “pura”: raccomandazioni efficaci e follow‑up

La conclusione del procedimento di vigilanza – ove non si chiuda con archiviazione o con presa d’atto di spontanea conformazione – può assumere la forma di un atto ricognitivo di buone pratiche o di un accertamento di illegittimità/irregolarità corredato da raccomandazioni. Non si tratta di atti “morbidi”: il Regolamento impone un obbligo di riscontro alla stazione appaltante entro un termine stretto, con la previsione che il mancato riscontro attivi, di riflesso, un procedimento sanzionatorio per violazione dei poteri informativi ex art. 222, comma 13. In altre parole, la forza persuasiva delle raccomandazioni è assistita da una forza cogente indiretta: la mancata collaborazione non è neutra, ma sanzionabile.

8. Il procedimento sanzionatorio: struttura, tempi e decisione

Quando l’oggetto non è (solo) la legittimità di atti e comportamenti, ma la violazione tipizzata di doveri di corretta esecuzione, si apre il procedimento sanzionatorio vero e proprio. La contestazione dell’addebito è l’atto‑chiave: delinea i fatti, individua la norma violata, indica il minimo e il massimo edittale applicabile e informa della facoltà di pagamento in misura ridotta entro trenta giorni. È importante osservare che la contestazione è indirizzata al soggetto inadempiente e al legale rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 6, comma 3, della legge 689/1981, riverberando la logica del vincolo di solidarietà nei casi in cui la violazione sia ascrivibile alla persona fisica che agisce per l’ente.

La decisione è del Consiglio: può archiviare o irrogare la SANZIONE. La motivazione, come sempre accade per gli atti punitivi, deve tener conto – a pena di illegittimità – dei criteri legali di dosimetria: gravità e rilevanza dell’infrazione, elemento psicologico, attività riparatorie, valore del contratto, effetto pregiudizievole, motivazioni addotte dal trasgressore, reiterazione. È un’operazione non meccanica, ma individualizzante, che impegna l’Autorità a una valutazione proporzionata.

9. Le SANZIONI in fase di esecuzione: il catalogo dell’Allegato A

Qui si colloca il nucleo applicativo più innovativo e, al tempo stesso, più esigente per la regia del RUP e per l’organizzazione dell’esecuzione. L’Allegato A tipizza una serie di violazioni in fase di esecuzione contrattuale per le quali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 222, comma 3, lettera b). L’elenco copre l’intero arco della fisiologia del contratto, dalla consegna all’avvio delle prestazioni, dal controllo su ausiliarie e subappalti alla verifica dei requisiti dei subappaltatori, dal mancato avvio delle penali alla violazione delle funzioni di controllo attribuite al RUP e al direttore dei lavori/direttore dell’esecuzione, fino alla mancata escussione delle garanzie, alle varianti illegittime, ai ritardi nei collaudi e nelle verifiche di conformità, allo ius variandi esercitato oltre i presupposti legali, al divieto di rinnovo tacito, alle proroghe patologiche, alle mancate risoluzioni obbligatorie, all’inerzia nella costituzione del Collegio consultivo tecnico quando obbligatorio.

Questa tassonomia ha un tratto comune: sanziona l’inerzia e la carenza dei controlli nella fase esecutiva, cioè quelle condotte che – per pigrizia, disordine o cattiva amministrazione – compromettono il valore del contratto e alterano la par condicio anche dopo l’aggiudicazione. L’obbligo di attivare le penali, ad esempio, non è un optional: è un dovere di legalità economica che tutela l’interesse pubblico e anche la concorrenza, impedendo che l’esecutore “morbido” goda di un vantaggio competitivo indebito rispetto a chi rispetta tempi e standard.

Un cenno merita la responsabilità funzionale del RUP: non si tratta di trasformarlo nel capro espiatorio di ogni disfunzione, ma di ribadire che le sue funzioni di controllo – in sinergia con il direttore dei lavori o dell’esecuzione – sono essenziali per garantire la qualità delle prestazioni e l’allineamento del contratto agli standard. La violazione di tali funzioni è, in sé, sanzionabile.

10. Dosimetria e tecniche di calcolo: tra proporzione e deterrenza

La quantificazione della SANZIONE obbedisce ai criteri generali della legge 689/1981. La gravità e la rilevanza dell’infrazione sono parametri guida: una variante fuori presupposti su un appalto di alto valore non potrà avere la stessa risposta di un ritardo marginale nel collaudo. L’elemento psicologico – dolo o colpa – incide sulla scala; la reiterazione entro tre anni (di violazioni della stessa indole) è un fattore aggravante; le condotte riparatorie mitigano.

Il Regolamento disciplina anche il cumulo: più violazioni con un’unica azione o omissione, oppure più azioni od omissioni, soggiacciono alla sanzione più grave aumentata fino al triplo. La scelta è coerente con la funzione deterrente: evitare che la segmentazione artificiosa dei comportamenti consenta trattamenti sanzionatori troppo blandi.

Merita una riflessione la definizione in misura ridotta: entro trenta giorni dalla contestazione è possibile il pagamento pari al minimo edittale (o al doppio del minimo in caso di più violazioni). La misura ha un evidente valore deflattivo; consente di chiudere rapidamente vicende non controverse o di marginale gravità e, al contempo, esclude – per la violazione definita – la reiterazione e il cumulo in futuro. È un istituto che va usato cum grano salis: non come scorciatoia sistematica, ma come strumento di efficientamento quando la responsabilità è chiara e l’interesse pubblico non richiede una decisione “esemplare” del Consiglio.

11. Pubblicità, trasparenza e accountability

La pubblicazione degli atti conclusivi della vigilanza – salvi quelli che irrogano SANZIONI – risponde a una logica di accountability: esporre all’esterno le valutazioni dell’Autorità, valorizzare le buone pratiche, diffondere orientamenti. Anche quando la pubblicità non è prevista in automatico, il Consiglio può disporla in ragione della valenza generale del caso. Il quadro si completa con l’obbligo di riscontro alle raccomandazioni e con la possibilità di attivare i poteri sanzionatori in caso di inerzia: la trasparenza non è un semplice portale; è una catena di responsabilità.

12. Vigilanza settoriale su somma urgenza e varianti: snodi sensibili del rischio

Il Regolamento dedica attenzione specifica a due aree critiche. La prima è la somma urgenza/protezione civile: qui l’Autorità richiede un pacchetto documentale minimo (verbali, perizie, elenchi prezzi, verbali di consegna, contratto) e costruisce un flusso informativo che consente selezioni mirate per la vigilanza. La seconda sono le varianti in corso d’opera, in particolare quelle oltre il dieci per cento e quelle su infrastrutture prioritarie: anche in questo caso, il RUP deve alimentare la Banca dati nazionale con tempestività. Su entrambi i fronti, la violazione dei presupposti legali o l’uso disinvolto degli strumenti derogatori espone a SANZIONI e, più in generale, a interventi correttivi incisivi.

13. Effetti collaterali: riflessi su responsabilità dirigenziale, contabile e disciplinare

La presenza di una SANZIONE ANAC non esaurisce il quadro delle responsabilità. Essa può fungere da spia per la responsabilità dirigenziale, da indice per l’accertamento di possibili danni erariali in sede contabile, da presupposto per iniziative disciplinari interne. Non si tratta di «doppio binario» in senso punitivo, ma di una fisiologica pluralità di piani che dialogano: l’illecito amministrativo “ANAC” segnala una disfunzione; gli altri ordinamenti (contabile, disciplinare) valutano, ciascuno secondo le proprie regole, se quella disfunzione ha prodotto ulteriori illeciti o danni.

14. Prospettiva operativa: come deve reagire (e prevenire) una stazione appaltante

Se la vigilanza è – come deve essere – un pezzo ordinario del sistema, la migliore strategia non è “resistere”, ma prevenire e governare. Significa anzitutto progettare la fase esecutiva con la stessa cura della fase di gara: definire standard e livelli di servizio, prevedere penali e meccanismi di controllo, attrezzare i soggetti della filiera (RUP, direttore dei lavori/dell’esecuzione) con strumenti e procedure chiare. Significa poi tracciare: verbali di consegna e di avvio, controlli su ausiliarie e subappalti, verifiche di requisiti, attivazione delle penali, gestione delle garanzie, istruttorie per varianti e collaudi, atti di proroga congruamente motivati, decisioni di risoluzione ove obbligatorie, costituzione del CCT dove doverosa. La tracciabilità non è un formalismo: è difesa in caso di vigilanza e, soprattutto, garanzia di buona esecuzione.

Sul versante della collaborazione con l’Autorità, la risposta alle richieste informative deve essere tempestiva e completa. Le richieste orali in audizione o durante ispezioni non sono margini di manovra per l’ambiguità: vengono verbalizzate e possono fondare SANZIONI in caso di rifiuto, omissione o ritardo senza giustificato motivo, oltre che in caso di informazioni non veritiere. La consapevolezza di questo quadro deve indurre le amministrazioni a dotarsi di governance documentale e di presidi digitali adeguati.

15. Un caso esemplare: penali non attivate e proroghe “elastiche”

Immaginiamo una fornitura pluriennale di servizi informatici con SLA stringenti. Il direttore dell’esecuzione registra un susseguirsi di disservizi con superamenti degli SLA; il RUP, per timore di compromettere i rapporti o di generare contenziosi, evita di attivare le penali e, anzi, “accompagna” l’operatore con proroghe tecniche reiterate, non previste dalla lex specialis e non giustificate in fatto. Il risultato è una distorsione del sinallagma e una lesione della concorrenza: l’operatore inadempiente conserva il contratto a condizioni di fatto modificate; i concorrenti, che avevano costruito l’offerta su quegli SLA, risultano retroattivamente penalizzati.

In questo scenario, la vigilanza può sfociare – oltre che in raccomandazioni – in SANZIONI per mancata attivazione delle penali, per proroghe patologiche, per violazione del divieto di rinnovo tacito se si oltrepassano i limiti normativi. La dosimetria terrà conto della gravità (SLA critici), del valore del contratto, della reiterazione; eventuali condotte riparatorie (recupero delle penali, rientro nel perimetro) potranno mitigare l’importo. Ma l’esito più importante sarà, probabilmente, il riassetto organizzativo imposto dalle raccomandazioni, pena ulteriori interventi.

16. Un secondo caso: varianti “creattive” e collaudo infinito

Consideriamo un appalto di lavori con economie residue e pressioni per “utilizzarle” mediante varianti non riconducibili ai presupposti legali; il collaudo, nel frattempo, scivola oltre i termini e la verifica di conformità non si chiude. La tentazione, in questi casi, è trasformare la variante in un contenitore per opere ulteriori, giustificandole con motivazioni generiche, mentre i tempi del collaudo si allungano fino a svuotarne il senso.

La vigilanza, qui, può intercettare una pluralità di violazioni sanzionabili: varianti in assenza di presupposti, ritardi ingiustificati nelle verifiche finali, mancata escussione della garanzia ove maturino i presupposti, mancata risoluzione nei casi tipizzati. Il cumulo può operare con aumento fino al triplo della SANZIONE più grave; la reiterazione – se in passato sono state commesse condotte analoghe – pesa sulla scala.

17. Una chiosa sui ruoli: RUP, direttore dei lavori/dell’esecuzione e leadership amministrativa

Il Regolamento non è un prontuario di punizioni, ma uno strumento di leadership amministrativa. Il RUP resta il perno: governa il procedimento, coordina i soggetti della fase esecutiva, documenta le scelte, promuove l’attivazione degli strumenti (penali, garanzie, risoluzioni), alimenta i flussi informativi verso l’Autorità quando richiesti. Il direttore dei lavori/dell’esecuzione è il sensore tecnico; la sua inerzia o il suo scostamento dagli obblighi di controllo sono sanzionabili, ma soprattutto minano la qualità dell’esecuzione. Sopra di essi, la dirigenza dell’ente deve assicurare organizzazione, risorse e procedure: senza questa cornice, ogni richiamo al principio del risultato resta retorica.

**18. Conclusioni: la cultura della conformità e l’effetto ordinante delle SANZIONI

La vigilanza ANAC, nella sua versione 2025, è un dispositivo ordinante. Le SANZIONI non sono un fine, ma un mezzo per ricondurre il sistema a regolarità: esse accompagnano la funzione di raccomandazione, rendono credibile l’aspettativa di conformazione e innervano – soprattutto nella fase esecutiva – una responsabilità proattiva dei soggetti amministrativi.

Per un pubblico specializzato, il punto che conviene portare a casa è duplice. Primo: la differenza tra vigilanza e sanzione non è dicotomica; sono due stadi di uno stesso circuito, con porte comunicanti e garanzie. Secondo: le SANZIONI colpiscono, per lo più, non le scelte discrezionali in quanto tali, ma le inerzie e i mancati controlli che tradiscono il paradigma del risultato.

La risposta migliore, per le stazioni appaltanti, non è ingaggiare bracci di ferro ma investire in organizzazione, disegnare contratti misurabili, tracciare ogni passaggio, attivare tempestivamente gli strumenti di autotutela contrattuale. In questa trama, la vigilanza non è più vista come una minaccia, ma come una leva per migliorare la qualità dell’azione pubblica, con un effetto di selezione avversa che rende più costoso – e sempre meno conveniente – quel mix tossico di pressapochismo e disinvoltura che troppe volte ha accompagnato l’esecuzione dei contratti.

Così interpretato e vissuto, il Regolamento 2025 non è un ulteriore strato di burocrazia: è una mappa operativa per tenere il sistema in rotta, in cui la bussola – le SANZIONI – non è minaccia ma orientamento. È la maturità di un diritto dei contratti che, finalmente, non si ferma al bando ma guarda al ciclo di vita del contratto, sapendo che lì, nell’esecuzione, si gioca la partita del valore pubblico.

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