Lo chiarisce una sentenza della Corte di Giustizia Europea che fa chiarezza sulla classificazione dei rifiuti
Di Michele Mavino
La sentenza della Corte di giustizia UE (C-772/24, 1° agosto 2025) affronta un tema apparentemente tecnico ma in realtà centrale per la disciplina europea sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio: la qualificazione delle etichette applicate direttamente su frutta e verdura.
La vicenda nasce in Francia, dove la normativa nazionale vieta l’uso di etichette se non compostabili in ambito domestico e costituite almeno in parte da materie di origine biologica, prevedendo anche sanzioni in caso di violazione. L’associazione Interfel, che rappresenta il settore ortofrutticolo, ha contestato tale divieto, sostenendo che le etichette non rientrerebbero nella nozione di “imballaggio” ai sensi della direttiva 94/62/CE.
Il nodo interpretativo riguardava l’articolo 3 della direttiva e l’allegato I, che tra gli esempi di imballaggio include espressamente le “etichette fissate direttamente o apposte sul prodotto”. Il dubbio sollevato dal Conseil d’État era se questa menzione implicasse automaticamente che tutte le etichette fossero imballaggi, oppure se fosse necessario verificarne caso per caso la funzione effettiva.
La Corte adotta un approccio equilibrato. Pur ribadendo che la nozione di “imballaggio” va interpretata in senso ampio per assicurare una protezione elevata dell’ambiente, precisa che non ogni etichetta può essere considerata tale in via automatica. Essa lo diventa solo se svolge almeno una delle funzioni tipiche dell’imballaggio indicate all’articolo 3: contenere e proteggere il prodotto, consentirne la manipolazione e consegna, oppure assicurarne la presentazione. Inoltre, deve rientrare in una delle tre categorie previste (imballaggio primario, secondario o terziario).
Da ciò discende che le etichette di piccole dimensioni, che non proteggono né facilitano il trasporto, potrebbero non avere natura di imballaggio; viceversa, quelle che incidono sulla presentazione commerciale o integrano funzioni di protezione possono rientrarvi. La valutazione spetterà, caso per caso, al giudice nazionale.
Sul piano tecnico-giuridico, la sentenza è rilevante perché chiarisce il rapporto tra l’elencazione esemplificativa dell’allegato I e i criteri generali della direttiva. L’allegato non ha valore assoluto, ma va letto in coerenza con la definizione normativa di imballaggio: è un ausilio interpretativo, non una presunzione legale.
In termini pratici, questa pronuncia limita la portata di normative nazionali che intendano vietare o disciplinare in modo rigido le etichette, costringendo gli Stati membri a verificare se effettivamente esse rientrino nella nozione di imballaggio secondo il diritto UE. Per gli operatori economici significa maggiore certezza giuridica, ma anche la possibilità di contestare divieti generalizzati che non tengano conto delle funzioni concrete del supporto etichettante.