Reato di traffico di influenze illecite e valutazione della condotta delle persone coinvolte.
Di Giuseppe Vecchio
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29934/2025 sez. prima, ha chiarito in maniera definitiva l’ambito di applicazione del reato di traffico di influenze illecite, introducendo un principio fondamentale per la valutazione della condotta dei soggetti coinvolti.
Il caso riguardava un cittadino straniero condannato nel proprio Paese per aver millantato la possibilità di influenzare ufficiali pubblici al fine di ottenere falsificazioni di analisi tossicologiche. L’interessato aveva contestato l’applicabilità della legge italiana sulla base del principio di “doppia incriminazione”, sostenendo che la condotta punita all’estero non corrispondesse a un reato previsto nel nostro ordinamento.
La Corte ha osservato che, a seguito della riforma del 2024, l’articolo 346-bis c.p. disciplina il traffico di influenze illecite in termini chiari e restrittivi, in quanto:
- La condotta è punibile solo se le relazioni con i pubblici ufficiali siano effettivamente esistenti e utilizzate;
- Il vantaggio promesso o ricevuto deve essere economico o costituito da altre utilità;
- La mediazione deve produrre un atto contrario ai doveri d’ufficio.
Di conseguenza, la semplice asserzione della capacità di influire su un pubblico ufficiale, senza che la relazione venga effettivamente utilizzata, non rientra nella fattispecie del traffico di influenze illecite. In altri termini, non vi è continuità normativa tra la vecchia fattispecie del “millantato credito” e il nuovo reato introdotto dal legislatore.
La sentenza in questione conferma così un principio fondamentale: purché sia configurabile il reato, è necessario un concreto esercizio dell’influenza, non solo la sua millantazione. Ciò garantisce sia il rispetto del principio di legalità sia l’allineamento con gli standard internazionali in materia di corruzione e mediazione illecita.
In prospettiva, questa interpretazione sottolinea come il legislatore e la giurisprudenza italiana abbiano voluto distinguere nettamente tra chi effettivamente realizza una mediazione illecita e chi si limita a millantare poteri inesistenti, preservando la punibilità per le condotte effettivamente pericolose e sanzionando la reale “compravendita” di influenze.