Di Michele Mavino
La lettera del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 21 novembre si pone come una risposta articolata e tecnicamente strutturata alla diffida presentata dalla società Ci.ti.esse Srl, che lamenta la mancata emanazione del decreto previsto dall’art. 192 del Regolamento di esecuzione del Codice della strada e che ritiene tale omissione fonte di danni economici e responsabilità extracontrattuale in capo al MIT. La posizione dell’Amministrazione, illustrata nel documento, si sviluppa lungo tre direttrici principali: ricostruzione del quadro normativo, confutazione del presunto comportamento omissivo e negazione del nesso causale fra attività ministeriale e danni lamentati dalla società.
Il quadro normativo: approvazione e omologazione come procedure alternative
Un primo passaggio rilevante della lettera riguarda la ricostruzione dell’art. 192 del Reg. CdS, che prevede espressamente la possibilità di sottoporre i dispositivi di accertamento delle violazioni a omologazione o approvazione. Il MIT sottolinea come queste due procedure siano alternative e non consecutive, e come l’ordinamento non imponga l’emanazione di un decreto tecnico ulteriore per rendere utilizzabili gli strumenti approvati.
Da oltre vent’anni – osserva il Ministero – l’Amministrazione fa ricorso alla procedura di approvazione quale modalità tecnica pienamente sufficiente, consolidata anche dal D.M. 282/2017. Questa prassi, resa nota e pubblica, viene descritta come coerente e normativamente legittima. Ne deriva l’assenza di un dovere giuridico in capo al MIT di emanare un ulteriore decreto: ciò vanifica alla radice la doglianza di “inerzia”.
L’equiparazione funzionale tra le due procedure
Un altro passaggio centrale è il chiarimento secondo cui approvazione e omologazione, pur mantenendo denominazioni distinte, condividono identità sostanziale per quanto riguarda le verifiche tecniche, i controlli e l’istruttoria sul prototipo. La lettera richiama non solo la prassi amministrativa, ma anche la recente circolare del Ministero dell’Interno (23 gennaio 2025) e una nota dell’Avvocatura Generale dello Stato, che riconoscono la piena omogeneità funzionale delle due procedure.
Questo elemento è particolarmente importante perché contrasta l’idea che l’approvazione sia un titolo “depotenziato” rispetto all’omologazione. Per gli operatori di polizia locale, tale passaggio conferma la piena legittimità dell’uso di apparecchi approvati, salvo differenti orientamenti giurisprudenziali locali.
La risposta alle pronunce della Cassazione
Il MIT prende posizione anche sulle ordinanze della Cassazione richiamate dalla società, osservando che esse non configurano un orientamento stabile e, soprattutto, non considerano il quadro normativo evolutosi dopo il 1992. In particolare, viene evidenziato come il legislatore, con fonti di pari grado rispetto al Codice della Strada, abbia espressamente previsto la possibilità di utilizzare strumenti “omologati o approvati” (ad es. L. 168/2002 e L. 120/2010).
Da ciò deriva la tesi secondo cui la lettura formalistica dell’art. 142 CdS non è più adeguata e che l’impostazione della Corte risulta superata dal principio delle fonti posteriori di pari rango.
Insussistenza della responsabilità ex art. 2043 c.c.
La parte finale della lettera affronta il tema del danno lamentato dalla società. Il MIT esclude ogni responsabilità civile, sia per assenza di un comportamento illecito, sia per carenza del nesso causale.
In sostanza il Ministero si arrocca sulle proprie posizioni, negando che l’orientamento della Cassazione, sulla questione, è ormai univoco e costante, al punto da ventilare la lite temeraria in caso di persistenza dei ricorsi sulla materia. Al di là della circolare e del parere dell’avvocatura dello Stato, inoltre, non si può dire che il Ministero si sia speso per la legittimità e l’importanza dell’uso delle apparecchiature per il controllo della velocità, più volte attaccanti e messi sotto la lente proprio attraverso provvedimenti tesi a limitarne l’utilizzo ed a metterne in dubbio la regolarità. Lo stesso censimento delle apparecchiature, fortemente voluto dal Ministro Salvini, è stato definito da lui stesso come “fondamentale per riordinare le regole del settore, definire standard e procedure di omologazione e attuare la riforma del Codice della Strada”, in quella che ha definito come “operazione verità”. Inutile dire che a fare le spese di questo atteggiamento ondivago della politica sono, oltre gli operatori economici del settore, anche i Comuni, i Comandi di Polizia ed in generale la sicurezza stradale.










