La proroga dell’affidamento diretto tra mito amministrativo e limiti codicistici

Ordine ingegneri venezia convegno 10 marzo 2023 nuovo codice dei contratti pubblici

Di Luca Leccisotti

Il tema della proroga dell’affidamento diretto continua a generare fraintendimenti operativi e ambiguità interpretative, spesso alimentate da letture ministeriali eccessivamente elastiche. Il parere del MIT n. 3677/2025, che ammette la proroga degli affidamenti diretti purché “prevista nei documenti di gara”, rappresenta un esempio emblematico di confusione concettuale tra categorie incompatibili. Parlare di “documenti di gara” in assenza di gara è un ossimoro giuridico: l’affidamento diretto, per sua natura, non si struttura come procedura competitiva, bensì come scelta negoziale diretta fondata sul principio di fiducia e sulla congruità motivata della prestazione.

L’articolo 50 del d.lgs. 36/2023 disciplina l’affidamento diretto come modalità semplificata e fiduciaria di acquisizione di lavori, servizi e forniture sotto soglia. Il RUP, in tale ambito, opera una valutazione discrezionale sull’idoneità dell’operatore economico e sulla congruità del prezzo, senza necessità di attivare procedure di confronto concorrenziale. Ne deriva che l’affidamento diretto non conosce i tradizionali strumenti della “gara”: non vi sono bandi, non vi sono documenti di gara, non vi è una lex specialis idonea a regolare l’eventuale proroga.

La posizione del MIT, secondo cui la proroga sarebbe ammissibile qualora espressamente prevista e valorizzata nel valore complessivo dell’affidamento, risulta pertanto contraddittoria. Tale impostazione trapianta nella logica fiduciaria dell’affidamento diretto un istituto tipico delle procedure concorrenziali, concepito per garantire trasparenza ex ante e parità di condizioni tra operatori. In assenza di un confronto competitivo, la pubblicazione preventiva di una proroga “eventuale” perde significato giuridico, poiché non vi è un mercato da informare né concorrenti da tutelare.

La stessa previsione dell’articolo 17, comma 2, del Codice, che consente l’adozione della determinazione di affidamento successivamente all’individuazione del contraente, accentua la criticità: se la scelta del fornitore può avvenire prima della formalizzazione dell’atto di affidamento, risulta ancor più inverosimile ipotizzare una “pubblicazione preventiva” delle condizioni di proroga. La trasparenza, in questo caso, non può che esplicarsi a posteriori, mediante motivazione e tracciabilità della decisione, non attraverso meccanismi di pubblicità tipici della gara.

La proroga “tecnica” di cui all’articolo 120, comma 10, del d.lgs. 36/2023 è quindi strutturalmente inapplicabile agli affidamenti diretti. Essa presuppone, infatti, che la proroga sia prevista “nel bando e nei documenti di gara iniziali”, elementi che non esistono nell’affidamento fiduciario. La sua funzione, nel sistema, è quella di assicurare continuità esecutiva entro un perimetro già noto ai concorrenti, che possono calibrare la propria offerta sulla durata potenziale del contratto. Tale esigenza di trasparenza è estranea al modello dell’affidamento diretto, dove la durata contrattuale è elemento di libera negoziazione, pur nel rispetto dei principi di proporzionalità e temporaneità.

L’inserimento artificioso di una clausola di proroga in un affidamento diretto, lungi dall’estendere le tutele di trasparenza, finisce per compromettere il principio di rotazione, trasformando un rapporto fiduciario in una posizione consolidata di favore per il medesimo operatore. La reiterazione del contratto, anche solo formalmente “programmata”, equivale a un rinnovo mascherato, vietato in quanto altera la parità potenziale tra operatori e priva la stazione appaltante della verifica periodica del mercato.

Ciò non significa, tuttavia, che la proroga sia sempre e in ogni caso preclusa. Il Codice ammette un’unica eccezione: quella delineata dall’articolo 120, comma 11, dedicato alla proroga eccezionale per ragioni di urgenza o di pubblico interesse. Si tratta di una misura di continuità amministrativa, non di estensione convenzionale del contratto. La norma consente di prorogare il rapporto in casi “oggettivi e insuperabili ritardi” nella conclusione della nuova procedura di affidamento, quando l’interruzione delle prestazioni possa determinare situazioni di pericolo per persone, animali, cose, igiene pubblica o gravi danni all’interesse pubblico. È, in altri termini, un istituto di salvaguardia del servizio essenziale, non una scorciatoia organizzativa.

La proroga eccezionale è dunque ammissibile anche per gli affidamenti diretti, poiché la sua giustificazione non risiede nella struttura della procedura originaria, ma nella natura della prestazione e nella necessità di evitare una soluzione di continuità. In tali casi, l’estensione temporanea non costituisce una “modifica” del contratto, ma una misura contingente di protezione dell’interesse pubblico, rigidamente vincolata al tempo strettamente necessario alla nuova aggiudicazione. È, in sostanza, una fattispecie di prorogatio dell’efficacia, non di rinnovo del sinallagma.

Il discrimine è netto: la proroga tecnica (comma 10) è inammissibile perché presuppone atti di gara; la proroga eccezionale (comma 11) è legittima se giustificata da motivi oggettivi e transitori. Ogni diversa interpretazione espone la stazione appaltante a censure di illegittimità e, nei casi più gravi, a responsabilità erariale per violazione dei principi di rotazione e concorrenza potenziale.

Dal punto di vista operativo, la corretta applicazione dell’articolo 120, comma 11, impone alcuni accorgimenti imprescindibili. La decisione di proroga deve essere adeguatamente motivata con riferimento:
– all’impossibilità oggettiva di concludere la nuova procedura in tempo utile;
– alla natura essenziale e non interrompibile della prestazione;
– alla temporaneità della misura, con indicazione del termine massimo di efficacia.
Deve inoltre essere accompagnata da una dichiarazione del RUP circa l’avvio e lo stato di avanzamento della nuova procedura di affidamento, al fine di dimostrare la natura strumentale e non elusiva della proroga.

In prospettiva sistematica, la sentenza e il parere in commento rivelano un’esigenza più ampia: ricondurre l’affidamento diretto alla sua dimensione sostanziale di contratto pubblico fiduciario, sottratto a logiche para-competitive ma pienamente inserito nel circuito della responsabilità amministrativa. La semplificazione procedurale non implica deregolamentazione, bensì spostamento del baricentro della legalità dal formalismo documentale alla razionalità della decisione.

In conclusione, la proroga dell’affidamento diretto non è una seconda chance per il contraente uscente, ma una deroga eccezionale e transitoria, utilizzabile solo quando l’interesse pubblico lo impone e nei limiti strettamente necessari. Ogni altra forma di estensione preventiva, programmata o tacita, rappresenta una violazione del principio di rotazione e del dovere di riesame periodico del mercato. Il nuovo Codice non abolisce la prudenza amministrativa: la restituisce alla sua forma più nobile, quella della responsabilità tecnica e motivata del dirigente.

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