Commissioni nei concorsi pubblici

La composizione ed i potenziali conflitti di interessi.

Di Luca Leccisotti

1. Introduzione

Il tema del conflitto di interessi nell’ambito della composizione delle commissioni di concorso pubblico assume un rilievo fondamentale ai fini della garanzia di imparzialità e trasparenza delle procedure selettive. La recente sentenza del TAR Sicilia, Sez. V, n. 3412 del 10 dicembre 2024, ha annullato in autotutela la nomina di una commissione esaminatrice per la presenza di un conflitto di interessi derivante dal legame di parentela tra il dirigente che ha designato il presidente della commissione e un candidato al concorso, poi classificatosi primo in graduatoria. La pronuncia si inserisce in un dibattito giurisprudenziale più ampio relativo all’interpretazione della disciplina sulla prevenzione della corruzione e sulla gestione dei conflitti di interessi nelle procedure concorsuali.

2. Il quadro normativo: il conflitto di interessi nella normativa anticorruzione

La normativa italiana prevede specifiche disposizioni volte a prevenire il conflitto di interessi nell’ambito delle procedure amministrative. In particolare:

  • L’art. 6-bis della Legge 241/1990 impone l’obbligo di astensione per i funzionari pubblici in caso di conflitto di interessi, anche solo potenziale;
  • Gli artt. 6 e 7 del DPR 62/2013 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici) rafforzano il principio di imparzialità, prevedendo sanzioni per chi non si astiene in situazioni di conflitto;
  • L’art. 42 del D.Lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) introduce ulteriori prescrizioni per evitare ingerenze indebite nelle procedure di selezione e affidamento.

La giurisprudenza amministrativa ha costantemente sottolineato che il conflitto di interessi non deve essere valutato esclusivamente in base agli effetti concreti che esso può produrre, bensì in termini di rischio potenziale per l’imparzialità dell’azione amministrativa.

3. L’interpretazione del TAR Sicilia

La sentenza del TAR Sicilia ha evidenziato che, sebbene il sistema selettivo adottato fosse altamente oggettivato – prevedendo prove scritte a risposta multipla, domande predisposte da un’azienda terza ed estratte a sorte, nonché correzione automatizzata – la sola presenza di un conflitto di interessi potenziale era sufficiente a inficiare la legittimità della nomina della commissione. La Corte ha ritenuto che:

  • Il legame di parentela tra il designante e il candidato poneva un rischio di condizionamento della procedura;
  • Il conflitto di interessi, anche solo potenziale, oggettivizza il vizio e non consente una valutazione ex post dell’effettivo pregiudizio arrecato alla selezione;
  • La normativa anticorruzione è preventiva e non richiede che il conflitto abbia necessariamente influenzato l’esito del concorso per essere rilevante.

4. Le implicazioni sulla gestione delle procedure concorsuali

L’interpretazione del TAR ha rilevanti conseguenze per le amministrazioni pubbliche chiamate a gestire concorsi e selezioni:

  • La nomina dei membri delle commissioni deve avvenire con un’accurata verifica delle possibili situazioni di conflitto di interessi;
  • Il principio di precauzione impone che qualsiasi rischio di interferenza indebita sia eliminato ex ante;
  • Il mancato rispetto delle disposizioni sull’astensione può determinare l’annullamento degli atti concorsuali con gravi conseguenze per la stabilità delle graduatorie e degli esiti selettivi.

5. Conclusioni

Il conflitto di interessi nella composizione delle commissioni di concorso rappresenta una questione di primaria importanza per la legittimità e la trasparenza delle procedure selettive. La giurisprudenza più recente conferma un approccio rigoroso, che valorizza il principio di prevenzione e impone alle amministrazioni una gestione attenta e conforme ai principi di imparzialità ed etica pubblica. L’adeguata applicazione delle norme anticorruzione costituisce una garanzia essenziale per la tutela della legalità e della correttezza dell’azione amministrativa.

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