Ferie perse? Colpa del datore

Che le ferie siano un diritto irrinunciabile lo si impara subito, fin dal “primo anno di giurisprudenza”. Ma che anche un dirigente apicale per capirci, un direttore di struttura complessa di un’ASL possa chiedere un risarcimento per ferie non godute, nonostante il potere di “autorganizzazione”, può suonare provocatorio. E invece no. La Cassazione con la sentenza n.r.g.18889/2025 Sez. lavoro, lo dice con chiarezza: il datore di lavoro resta sempre responsabile, a meno che non dimostri di aver fatto tutto il possibile per mettere il lavoratore nelle condizioni di fruire delle ferie.

Il caso è emblematico. Un dirigente medico, dichiarato permanentemente inidoneo al servizio, rifiuta l’assegnazione a mansioni inferiori. L’ASL lo licenzia, pagando l’indennità sostitutiva del preavviso. Successivamente, il dirigente chiede il risarcimento per le ferie non fruite, comprese le giornate di riposo da rischio radiologico. L’azienda contesta la richiesta sostenendo che, in quanto dirigente con autonomia gestionale, avrebbe potuto organizzarsi da solo per fruirne. Se non lo ha fatto, la responsabilità secondo l’ente sarebbe stata solo sua.

Ma la Cassazione ribalta questa logica. Non basta dire che un dirigente ha margini di autonomia. Serve la prova concreta: il datore deve dimostrare di aver invitato formalmente e tempestivamente il lavoratore a fruire delle ferie, spiegando che sono soggette a scadenza e che non saranno monetizzate se non godute. Senza questa attivazione, scatta il diritto al risarcimento anche a rapporto cessato.

Sembra un paradosso: un dirigente medico, con poteri di firma, pianificazione e coordinamento, trattato in tema di ferie come un impiegato qualsiasi. Ma il paradosso è solo apparente. La sentenza si inserisce nel solco tracciato dalla Corte di Giustizia dell’UE: le ferie sono un diritto fondamentale, legato alla tutela della salute e alla sicurezza. Sono irrinunciabili. Sono indisponibili.

Non basta dire che il dirigente ha scelto di non staccare mai. La domanda giusta è: il datore lo ha messo davvero nelle condizioni di farlo? Se la risposta è no, allora il risarcimento è dovuto. Che si tratti di ferie ordinarie o di riposi legati al rischio radiologico, poco cambia: se la mancata fruizione è colpa dell’inerzia del datore, la pubblica amministrazione paga.

Il messaggio è forte, chiaro, e vale per tutti, anche ai vertici: il diritto al riposo non si scambia con la dedizione al lavoro. E se l’organizzazione induce i dirigenti a sacrificare le ferie “per senso di responsabilità”, allora è il sistema ad avere un problema. Non è eroismo, è una violazione del diritto.

Una lezione scomoda per molte amministrazioni pubbliche, spesso più attente alla retorica dell’efficienza che al rispetto dei diritti fondamentali. E un promemoria per i dirigenti: prendersi le ferie non è un favore che ci si concede. È un dovere. Verso sé stessi. E verso la legalità.

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