Incidente con se stesso

Sufficiente per l’aggravante in caso di guida con alcool.

Di Giuseppe Vecchio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22014/2025 IV Sez.), affronta un caso apparentemente “minore” se confrontato con le tragiche cronache stradali quotidiane: un conducente in stato di ebbrezza avanzata (tasso alcolemico accertato tra 2,12 e 2,18 g/l) perde il controllo dell’auto, urta il cordolo di una rotatoria, danneggia un manufatto urbano e finisce sul marciapiede. Nessun altro veicolo coinvolto. Nessun ferito. Nessuna vittima. Solo il conducente e la sua condotta pericolosa.
Eppure, secondo la Cassazione, tutto ciò è sufficiente per applicare l’aggravante prevista dall’art. 186, comma 2-bis, del Codice della Strada. In altre parole: raddoppio delle sanzioni, fermo amministrativo del veicolo per 180 giorni e revoca della patente.
Nel motivare la propria decisione, la Corte ha riaffermato un principio già emerso in giurisprudenza, ma ora ribadito con particolare nettezza: il concetto di “incidente” nel diritto penale della circolazione non coincide con lo scontro tra veicoli o con l’investimento di terzi, ma si estende a qualsiasi evento anomalo e patologico della marcia, che dimostri una perdita di controllo e costituisca “condotta astrattamente pericolosa” connessa allo stato di alterazione psico-fisica.
La definizione della Suprema Corte è chiara e ampia: si parla di “emblematica e comprovata anomalia nella marcia del veicolo, costretto ad arrestarsi attraverso modalità patologiche”. Non conta se l’incidente ha causato danni a cose o persone; conta se, in astratto, l’evento esprime una potenzialità offensiva, anche se fortunatamente non realizzata.
La scelta interpretativa della Cassazione risponde a una chiara esigenza di rigore: scoraggiare la guida in stato di ebbrezza, anche nei casi in cui non si siano prodotte conseguenze tragiche. È un approccio preventivo, in linea con una lettura estensiva del concetto di pericolo e con l’orientamento della giurisprudenza penale verso la tutela anticipata dei beni giuridici.
In una società che ancora registra troppe vittime della guida in stato di ebbrezza, questo messaggio può apparire necessario. Ma resta il dubbio: il diritto penale e amministrativo può davvero rinunciare alla sua funzione selettiva, trattando allo stesso modo chi causa un disastro e chi “solo” sbatte contro un cordolo?
La sentenza in questione apre una nuova frontiera interpretativa: da oggi, anche l’“incidente con se stessi” può costare il massimo della sanzione. È una scelta che privilegia la funzione preventiva e simbolica della norma, ma che al tempo stesso solleva interrogativi sulla tenuta dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.

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