Il paradosso delle ordinanze sindacali

Occupazione abusiva di suolo pubblico e discrezionalità sindacale

Di Giuseppe Vecchio

La sentenza del TAR Lazio Sez. II Ter. 14755 r.p.c. che ha annullato il provvedimento di chiusura per dieci giorni di un esercizio commerciale, sanzionato per occupazione abusiva di suolo pubblico, solleva perplessità su un tema dibattuto nelle nostre città. Il Collegio ha ritenuto la misura contemplata da una ordinanza sindacale come sproporzionata, ritenendo che l’art. 3, comma 16, L. 94/2009 consenta la chiusura solo entro il limite minimo di cinque giorni.

Eppure il dato normativo, letto in chiave sistematica, non pone un tetto massimo: si limita a prescrivere che la chiusura non sia inferiore a cinque giorni, rimettendo al prudente apprezzamento dell’autorità l’individuazione della durata congrua. È evidente, allora, che la discrezionalità sindacale si estende anche all’aggravamento della misura, laddove il contesto lo richieda.

Nel caso di specie, la collocazione dell’esercizio in pieno sito UNESCO conferisce all’abuso una valenza non solo materiale, ma simbolica. Occupare senza titolo uno spazio pubblico in un’area riconosciuta come patrimonio mondiale non equivale a farlo altrove: significa compromettere il decoro e l’immagine della città su scala internazionale. La misura dei dieci giorni, lungi dall’essere punitiva, assume così la funzione di deterrente e di tutela di un bene collettivo di rango superiore.

La tesi del TAR, improntata a una lettura restrittiva e formalistica, finisce per depotenziare il ruolo delle ordinanze sindacali, che il legislatore ha voluto dotare di elasticità proprio per fronteggiare situazioni peculiari. La legalità amministrativa non si misura solo sul dato numerico dei giorni di chiusura, ma sulla coerenza tra provvedimento e obiettivo di sicurezza, ordine e decoro urbano.

In definitiva, appare paradossale che, in un ordinamento che quotidianamente invoca la tutela dei centri storici e dei patrimoni culturali, si finisca per censurare un Comune che esercita con rigore le proprie prerogative.

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