Di Giuseppe Vecchio
La sentenza n. 02029/2024 R.C. del Consiglio di Stato, offre l’ennesima occasione per riflettere su un principio tanto venerato quanto spesso oggetto di perplessità: quello dell’anonimato nelle prove concorsuali. Una candidata ha lamentato che la controinteressata, poi risultata prima in graduatoria, avrebbe reso riconoscibile il proprio elaborato attraverso uno stile grafico “atipico” con scrittura tra le righe, elenchi di parole chiave e appunti sintetici al posto di frasi compiute, ottenendo così un “vantaggio informativo” e violando il principio di par condicio tra i concorrenti.
La Corte, richiamando il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, ribadisce che la violazione dell’anonimato costituisce un’ipotesi di illegittimità da “pericolo astratto”: è sufficiente la mera potenzialità di riconoscimento a compromettere la validità della prova. Tuttavia, nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto non provata l’intenzionalità del candidato di rendere riconoscibile l’elaborato. In altri termini, l’anonimato resta proclamato come principio inviolabile, ma la sua effettiva tutela viene subordinata alla prova, sempre sfuggente, del “dolo di riconoscibilità”.
Quanto al profilo della par condicio, la Corte liquida la censura osservando che la scelta di scrivere per elenchi o appunti rientra nella libertà espressiva del candidato, purché non si traduca in un segno di riconoscimento. Resta tuttavia difficile non cogliere la tensione tra l’esigenza di assicurare parità di condizioni e la fisiologica varietà dei modi di espressione individuale che inevitabilmente caratterizzano prove di natura discorsiva.
In definitiva, l’ordinanza si colloca nel solco di una giurisprudenza ormai stabile, che tenta di bilanciare la tutela dell’anonimato con la necessità di garantire una valutazione sostanziale delle prove. Rimane, tuttavia, l’impressione che il principio, pur nella sua forza teorica, debba essere reinterpretato alla luce delle nuove modalità concorsuali digitali, le quali riducono sensibilmente il rischio di riconoscibilità e consentono un controllo più oggettivo e tracciabile delle operazioni di correzione. L’evoluzione delle prove informatizzate e piattaforme digitali di selezione impone di ripensare il concetto stesso di anonimato, non più ancorato alla mera materialità del segno grafico, ma esteso anche alla gestione tecnica dei dati e alla trasparenza delle procedure.