Per la convalida conta solo il giudizio sull’operato della PG.
Di Michele Mavino
La sentenza della Corte di Cassazione nr 33633 depositata il 10 ottobre affronta un tema di particolare rilievo pratico per l’attività di polizia giudiziaria e per il controllo di legalità esercitato dal giudice nella fase di convalida dell’arresto: quello della quasi-flagranza di reato e della valutazione della legittimità dell’operato della P.G. in sede di arresto facoltativo.
Il caso trae origine dalla decisione del Tribunale di Nola, che aveva negato la convalida dell’arresto operato nei confronti di un soggetto accusato di lesioni personali aggravate ai danni della propria compagna e di resistenza a pubblico ufficiale. Il giudice di merito aveva ritenuto non sussistente lo stato di quasi-flagranza per il delitto di lesioni, perché fondato sulle sole dichiarazioni della persona offesa, e aveva escluso l’integrazione del reato di resistenza, qualificando lo “spintone” agli agenti come condotta inidonea, valorizzando inoltre l’incensuratezza dell’indagato.
La Cassazione censura radicalmente tale impostazione, ribadendo principi di diritto consolidati ma di frequente equivocati nella prassi:
Quasi-flagranza e rilevanza delle “tracce”
Il Supremo Collegio richiama l’art. 382, comma 1, c.p.p., chiarendo che la quasi-flagranza non richiede la percezione diretta dell’azione criminosa da parte degli operanti. È sufficiente che essi sorprendano l’indagato con elementi obiettivi e immediati (“cose o tracce”) che, con elevata probabilità, attestino la commissione del reato poco prima.
Nel caso di specie, il rinvenimento della vittima in lacrime, con lesioni visibili e tracce di sangue, nonché la presenza dell’indagato ubriaco sul luogo dell’aggressione, costituivano elementi inequivoci tali da integrare la quasi-flagranza. A conferma della gravità dei fatti, l’aggressione era stata perpetrata con un casco da motociclista, qualificabile come arma impropria.
Funzione del giudice nella convalida dell’arresto
Altro principio ribadito è che, nella fase di convalida, il giudice non deve valutare il merito del quadro indiziario o le esigenze cautelari, bensì esclusivamente la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria, in base agli elementi conosciuti al momento dell’arresto e alla loro ragionevolezza.
Ciò comporta che la verifica non riguarda la responsabilità dell’indagato, ma la correttezza dell’iniziativa precautelare, alla luce dei presupposti di legge (stato di flagranza o quasi-flagranza e tipologia del reato).
Resistenza a pubblico ufficiale: anche uno “spintone” può integrare il reato
La Corte sottolinea che anche un gesto apparentemente modesto – come uno spintone per darsi alla fuga – è idoneo a configurare l’elemento materiale della resistenza ex art. 337 c.p., trattandosi pur sempre di violenza contro l’agente.
Inoltre, l’incensuratezza dell’arrestato è irrilevante ai fini della legittimità dell’arresto, trattandosi di elemento che può assumere rilievo solo in sede di valutazione cautelare o nel merito del processo, ma non nella fase di convalida.
Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, dichiarando l’arresto legittimamente eseguito per entrambi i reati contestati.