Confini, motivazione e diritto vivente dopo il Codice 2023.
Di Luca Leccisotti
1. Il nodo: l’affidamento diretto con confronto di preventivi è davvero “aperto”?
Nella prassi delle stazioni appaltanti l’affidamento diretto è spesso preceduto da un confronto di preventivi rivolto a una platea più o meno ampia di operatori, con pubblicazione di un avviso o con l’uso di cataloghi e strumenti telematici (MEPA e piattaforme regionali). L’idea sottesa è che, “aprendo” la richiesta di preventivi al mercato, la decisione della stazione appaltante si collochi in un’area intermedia tra il diretto puro e la negoziata, attenuando o addirittura neutralizzando l’operatività del principio di rotazione.
Il Codice 2023 e il diritto vivente maturato nell’ultimo biennio smentiscono questa lettura accomodante. L’ordinamento distingue nettamente il modulo dell’affidamento diretto (art. 50, comma 1, lett. a e b) dalle procedure negoziate senza bando (lett. c, d ed e). Solo per queste ultime l’art. 49, comma 5 prevede, in via eccezionale, la non applicazione del principio di rotazione quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori da invitare. Quando invece la stazione appaltante rimane nello schema dell’affidamento diretto, la regola di rotazione continua a valere e può essere disattesa soltanto con motivazione rafforzata in presenza di ragioni puntuali.
Il confronto di preventivi non trasforma, di per sé, il diretto in negoziata. è una tecnica istruttoria utile a migliorare la qualità comparativa della scelta, ma non muta la tipologia procedimentale prescelta né disinnesca i presidi contro l’“effetto fedeltà” del contraente uscente.
2. Ratio e portata del principio di rotazione nel nuovo Codice
Il principio di rotazione non è un feticcio formalistico. È lo strumento con cui il legislatore tenta di impedire il consolidarsi di rapporti esclusivi nel segmento sottosoglia, dove è fisiologico che la competizione sia comprimibile e la scelta più discrezionale. La rotazione serve a garantire la circolazione delle opportunità, a ridurre il vantaggio informativo dell’uscente e a contrastare fenomeni di lock‑in.
Il Codice 2023 lo proietta come regola di governo degli affidamenti diretti: non un divieto aprioristico di invitare o aggiudicare all’uscente, ma un onere motivazionale che impone di spiegare perché, nel caso concreto, l’interesse pubblico suggerisca di disattivare la rotazione. Nel contempo, per le negoziate senza bando, il legislatore ammette – solo a certe condizioni – una deroga in presenza di indagini di mercato realmente aperte, capaci di riprodurre, in piccolo, un effetto di pubblicità e contendibilità assimilabile a quello delle procedure con bando.
3. Il diritto vivente: due linee e un approdo
Le decisioni più recenti muovono da un dato essenziale: il perimetro oggettivo dell’art. 49, comma 5, è tassativo e circoscritto alle procedure negoziate. Da qui discende che la deroga alla rotazione non può essere estesa per analogia al diretto, nemmeno quando il confronto di preventivi sia stato “ampiamente pubblicizzato”. Alcuni arresti hanno provato a valorizzare l’apertura informale come ragione sufficiente per attenuare il principio; l’orientamento oggi prevalente, però, riafferma che la tipologia utilizzata è dirimente: se si resta nel diretto, la rotazione si applica.
Questo approdo non nega utilità al confronto di preventivi; semplicemente, lo rimette nel suo alveo: è una tecnica istruttoria, non un travestimento della procedura. Serve a dimostrare che l’ente ha valutato l’offerta economica e qualitativa in un ambiente più contendibile, ma non consente, da solo, di superare la barriera della rotazione.
4. Quando la rotazione “cede”: i casi-limite e l’onere della prova
Il fatto che la rotazione si applichi non significa che sia insuperabile. Il Codice consente di invitare l’uscente e, in casi motivati, di affidargli il contratto anche in regime di rotazione. Ma il baricentro è sulla motivazione: occorre mostrare, con elementi concreti, che l’interesse pubblico lo richiede. Le ragioni ammesse sono circoscritte: elevata specializzazione della prestazione; necessità di integrazione con sistemi e standard esistenti non duplicabili in tempi e costi ragionevoli; continuità tecnico‑funzionale strettamente temporanea in attesa della nuova gara; rarità del mercato locale dimostrata da indagini serie e non autoreferenziali.
Ciò che non basta sono le formule di stile: “è l’unico operatore che conosce l’impianto”, “si risparmia tempo”, “ha svolto bene l’appalto precedente”. La motivazione deve essere prova e narrazione: cronologia delle attività, evidenze dell’indagine di mercato, alternative esplorate e scartate con ragioni verificabili, delimitazione temporale del rapporto e programmazione della gara aperta/negoziata successiva.
5. Il confronto di preventivi come fattore di qualità, non di tipizzazione
L’uso di un avviso per raccogliere preventivi o di una richiesta “aperta” su piattaforma produce effetti virtuosi su trasparenza e congruità dei prezzi. Tuttavia non incide sulla tipizzazione dell’atto. Se la determina a contrarre si colloca a monte in art. 50, comma 1, lett. a o b, la procedura rimane un diretto; la rotazione, quindi, tiene.
Diverso è il caso in cui l’amministrazione, sin dall’origine, configuri la scelta come negoziata ex lett. c), d) o e): allora l’indagine di mercato realmente aperta al numero indefinito di operatori consente di non applicare la rotazione ai sensi dell’art. 49, comma 5. Ma questa è una diversa strada, che richiede un impianto procedimentale coerente (avviso di indagine, criteri di selezione degli invitati, lettera d’invito, criterio di aggiudicazione, verbali).
6. Rotazione e operatore uscente: come superare il vantaggio informativo
La ragione più forte della rotazione è il vantaggio informativo dell’uscente, soprattutto nei servizi ad alta personalizzazione. Quando l’ente decide di invitarlo o di affidargli nuovamente il servizio, deve dimostrare di avere neutralizzato quel vantaggio con regole chiare: consegna a tutti degli stessi dati e delle stesse metriche di consumo, sopralluoghi simmetrici, definizione di livelli di servizio e KPI che impediscano all’uscente di giocare “in casa”. La par condicio nelle informazioni è la prima barriera contro il lock‑in.
7. Esecuzioni ripetitive e piccoli lotti: dove si annida il rischio di erosione della rotazione
La fisiologia del diretto porta a spezzettare il fabbisogno in micro‑acquisti ripetuti. Qui la rotazione è più esposta a erosioni silenziose: si finisce per invitare sempre gli stessi tre o quattro operatori “di fiducia”, o per rinnovare di fatto, in sequenza, il medesimo rapporto sotto soglia, con minime varianti di oggetto. Il rimedio è programmare: spostare quanto possibile la domanda su accordi quadro o su negoziate “vere” e, quando il diretto è giustificato, ruotare davvero gli inviti e gli affidatari, tracciando per iscritto i criteri di selezione e le turnazioni.
8. Rotazione e principio del risultato: nessuna scorciatoia
Il principio del risultato non consente scorciatoie rispetto alla rotazione. Il risultato non è “assegnare il contratto in fretta al fornitore “di sempre””; è garantire qualità e tempi in concorrenza. Quando si vuole derogare, occorre spiegare perché quella scelta è la più efficace per il bisogno pubblico senza sacrificare indebitamente l’accesso al mercato.
9. La motivazione “a prova di giudice”: struttura e contenuti
La motivazione efficace ha una struttura ricorrente: descrive il fabbisogno e la sua urgenza reale; indica la tipologia procedimentale scelta e la colloca chiaramente nell’alveo dell’art. 50, lett. a/b o, alternativamente, nelle lett. c/d/e; riepiloga l’indagine di mercato svolta, distinguendo il mero confronto di preventivi dalla selezione degli invitati in negoziata; affronta il tema della rotazione, esplicitando se si intende applicarla o disapplicarla e perché; dà conto delle eventuali ragioni per invitare o riaffidare all’uscente, con delimitazioni di tempo e impegni sulla gara successiva.
L’uso di formule impersonali o stereotipate è controproducente: oggi i giudici guardano alla sostanza della comparazione, alla coerenza con la tipologia e alla capacità dell’atto di rendere verificabili le scelte.
10. Il ruolo della piattaforma telematica: tracciabilità e coerenza
Molte criticità nascono da una cattiva interazione con le piattaforme. Se l’ente imposta un “RDO aperta” ma, nella determina, continua a parlare di affidamento diretto, genera una frattura tra forma e sostanza che in giudizio si paga. Coerenza vuol dire che nomen iuris, sequenza degli atti e impostazioni di piattaforma raccontino la stessa storia: o è diretto con confronto di preventivi (e allora la rotazione si applica), o è negoziata con inviti e lettera (e allora si potrà, ricorrendone i presupposti, invocare l’art. 49, comma 5).
11. Casistica ricostruita: perché un avviso “aperto” non basta
Si immagini una centrale di committenza che debba acquistare dispositivi per uffici. Pubblica, su piattaforma, un avviso di richiesta di preventivi, lasciando libertà di candidatura a qualsiasi operatore in possesso dei requisiti. Riceve dieci offerte, tra cui quella dell’uscente. Con determina qualifica l’istruttoria come affidamento diretto ex art. 50, lett. b, e aggiudica all’uscente senza affrontare il tema della rotazione. Il provvedimento è vulnerabile: l’apertura al mercato migliora la qualità della scelta ma non consente di disapplicare la rotazione; l’ente avrebbe dovuto motivare specificamente sulla deroga o, se intendeva avvalersi dell’art. 49, comma 5, impostare la procedura come negoziata sin dall’inizio.
Al contrario, si consideri un Comune che, per un servizio manutentivo ripetitivo, imposta una negoziata ex lett. d): pubblica l’indagine senza limiti, definisce i criteri di selezione degli invitati, invia la lettera di invito, applica l’OEPV e conclude. Qui, dimostrata l’apertura reale dell’indagine, la deroga alla rotazione è coerente con la norma e la scelta risulta difendibile.
12. Errori ricorrenti e rimedi organizzativi
Gli errori più frequenti stanno tutti nella zona grigia tra istruttoria e tipizzazione: si parla di “avviso pubblico” ma si mantiene il diretto; si invoca il favor partecipationis ma si “dimentica” la rotazione; si confonde l’open call con la negoziata. Il rimedio non è creare procedure ibride, ma scegliere consapevolmente il binario e percorrerlo fino in fondo, con documenti coerenti e una motivazione che affronti i nodi veri: perché diretto e non negoziata; perché invitare l’uscente; come si è garantita la parità informativa; quando si bandirà la gara successiva.
13. Rotazione e micro‑mercati: come dimostrare la scarsità competitiva
Nei piccoli mercati territoriali la tentazione di derogare stabilmente alla rotazione è forte. Il Codice non la ammette per automatismo: occorre una istruttoria che provi la scarsità competitiva, non che la assuma. Studi di settore, elenchi di operatori, esiti di avvisi precedenti, tentativi andati deserti: sono tutti indizi che possono, insieme, sostenere la deroga per un periodo delimitato, sempre con l’impegno a riaprire alla concorrenza appena possibile, magari aggregando il fabbisogno o ricorrendo a accordi quadro sovracomunali.
14. Il nesso con le altre “regole di frontiera” (proroghe tecniche e urgenze)
Le patologie della rotazione spesso si accompagnano all’uso difensivo di proroghe tecniche postume o di urgenze autogenerate. Il filo è comune: l’inerzia programmatoria. L’antidoto è costruire un calendario rolling delle scadenze e decidere per tempo se la procedura debba essere aperta, negoziata o diretta, senza travestimenti. Quando, nonostante la diligenza, occorra una misura ponte, essa va motivata come eccezione temporanea e mai come alibi per sospendere la rotazione.
15. Conclusioni: scegliere il binario giusto e motivare davvero
Il confronto di preventivi è una buona pratica istruttoria; non è, però, un lasciapassare per disinnescare la rotazione nell’affidamento diretto. Il Codice chiede chiarezza di schema: diretto con rotazione e motivazione forte se si deroga; oppure negoziata con indagine aperta e, ricorrendone i presupposti, deroga codificata all’art. 49, comma 5.
Su questo crinale si misura la qualità delle stazioni appaltanti: non nel moltiplicare nomen iuris, ma nel motivare le scelte, nel presidiare la parità di trattamento e nel progettare procedure coerenti con l’oggetto e con il mercato. La legalità, qui, è sinonimo di buon senso: fare bene, in concorrenza, senza scorciatoie semantiche.









