Di Giuseppe Vecchio
La sentenza n. 12158/2025 R.C. del TAR Lazio, interviene su una materia che negli ultimi anni ha visto un proliferare di provvedimenti comunali spesso mossi da “buone intenzioni”, ma redatti con una “disinvoltura amministrativa” che mal si concilia con i principi fondamentali del diritto amministrativo.
Il caso peraltro abbastanza “frequente” nei Comuni italiani, riguarda un’ordinanza sindacale che vieta l’accesso dei cani alle “aree giochi per bambini, site su spazi pubblici del territorio comunale”, imponendo inoltre l’obbligo di museruola per i “cani di media e grossa taglia”.
L’obiettivo dichiarato è quello di tutelare igiene, salute pubblica e incolumità delle persone: evitare che le deiezioni non raccolte creino situazioni di degrado e che animali non adeguatamente controllati possano risultare pericolosi. Finalità certamente condivisibili, ma che secondo il TAR che non autorizzano l’adozione di provvedimenti amministrativi privi dei requisiti minimi di idoneità, ragionevolezza e proporzionalità.
Uno dei profili censurati riguarda il riferimento alla “taglia” dell’animale quale presupposto per l’obbligo di museruola. Il TAR evidenzia come tale concetto sia intrinsecamente generico, privo di qualsivoglia parametro oggettivo che consenta di determinare in modo univoco l’ambito applicativo della misura.
In altri termini, l’ordinanza delega di fatto agli agenti di Polizia locale la portata concreta della norma, trasferendo sul piano operativo una discrezionalità che dovrebbe invece essere esercitata a monte dall’autorità amministrativa in ossequio al principio di legalità.
Il provvedimento sindacale risulta poi in aperta contraddizione con l’Ordinanza del Ministero della salute del 6 agosto 2013 prorogata con Ordinanza 10 Luglio 2025, che prevede esclusivamente l’obbligo per il custode di portare con sé la museruola e di applicarla solo in situazioni di rischio per l’incolumità delle persone o su richiesta dell’autorità competente.
Il provvedimento, inoltre non distinguendo tra animali tenuti al guinzaglio, adeguatamente custoditi o potenzialmente pericolosi, impone una limitazione generalizzata e indifferenziata non solo agli animali, ma di riflesso anche ai loro conduttori.
Si tratta di una restrizione che incide sulla libertà di circolazione e sulla possibilità di fruire di spazi pubblici in condizioni di parità rispetto agli altri cittadini. Per il TAR, un divieto così ampio risulta eccessivamente gravoso rispetto agli obiettivi perseguiti e sostanzialmente privo di un adeguato bilanciamento tra interessi pubblici e diritti individuali.
Il TAR accogliendo dunque il ricorso sottolinea che l’assenza di proporzionalità nelle misure previste pregiudica in toto il provvedimento sindacale. La corte chiarisce che la tutela della sicurezza e dell’igiene pubblica non può tradursi in provvedimenti generici o sproporzionati, che finiscono per comprimere in modo ingiustificato le libertà individuali e per introdurre obblighi esorbitanti per la collettività.










