Le misure emergenziali adottate all’epoca erano costituzionalmente legittime.
Di Michele Mavino
La sentenza n. 199 del 2025 si colloca all’interno della giurisprudenza costituzionale che analizza la legittimità delle misure normative adottate durante l’emergenza sanitaria da COVID-19, con specifico riferimento alle disposizioni che hanno esteso l’obbligo di Green pass e introdotto l’obbligo vaccinale per i lavoratori ultracinquantenni.
Il caso trae origine da una ordinanza del Tribunale ordinario di Catania (funzione di giudice del lavoro) che aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale in riferimento a molteplici profili, tra cui gli articoli 2, 3, 4, 32 e 36 della Costituzione, insistendo sulle disposizioni del d.l. n. 127/2021, convertito nella legge n. 165/2021, e del d.l. n. 1/2022, convertito nella legge n. 18/2022. Queste norme avevano imposto l’uso della certificazione verde COVID-19 per l’accesso ai luoghi di lavoro e l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni, con conseguente esclusione dal lavoro e perdita della retribuzione per chi non ottemperava.
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, rigettando l’impugnazione delle disposizioni normative oggetto di scrutinio. In tal modo, la Consulta ha confermato la piena legittimità costituzionale delle misure emergenziali adottate nei decreti-legge impugnati, ribadendo che esse rientravano nella valutazione discrezionale del legislatore nell’ambito di una situazione epidemiologica eccezionale.
Nel rigettare le censure sulla violazione degli articoli fondamentali della Costituzione, la Corte ha implicitamente riaffermato i criteri di proporzionalità e ragionevolezza che devono informare l’azione normativa in materie che toccano diritti fondamentali, quali:
- il diritto alla salute (art. 32 Cost.),
- l’eguaglianza sostanziale (art. 3 Cost.),
- l’inviolabilità della libertà personale e della relazione lavorativa.
In particolare, secondo l’orientamento espresso nella decisione, gli obblighi di possedere e mostrare la certificazione verde per accedere ai luoghi di lavoro e di sottoporsi alla vaccinazione per la fascia ultracinquantenne non superano il giusto bilanciamento tra tutela della salute pubblica e rispetto delle libertà individuali, soprattutto nel contesto epidemiologico e sanitario nel quale tali misure furono adottate.
Un aspetto rilevante del giudizio concerne le conseguenze operative delle misure emergenziali, ossia la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per i lavoratori non in possesso della certificazione verde o non vaccinati. La Corte ha ritenuto che tali conseguenze, pur severe, rientrassero nell’ambito di una disciplina emergenziale non irragionevole o arbitraria, alla luce del quadro epidemiologico dell’epoca e delle finalità di tutela della salute collettiva perseguite dal legislatore.










