Videopodcast – Il valore dei pareri dell’ANAC

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Tra soft law, discrezionalità amministrativa e principio di fiducia nel Codice dei contratti pubblici

Di Luca Leccisotti

L’evoluzione del sistema degli appalti pubblici negli ultimi anni è stata caratterizzata da una crescente valorizzazione della funzione di indirizzo e vigilanza dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), alla quale il legislatore ha affidato un ruolo di garanzia e uniformità interpretativa in un settore notoriamente esposto a rischi di frammentazione applicativa. Il d.lgs. 36/2023, nel ripensare complessivamente l’architettura della governance del settore, ha confermato tale impostazione, riaffermando l’importanza dei pareri e delle linee guida dell’Autorità come strumenti di soft law capaci di orientare l’attività delle stazioni appaltanti e dei RUP. Tuttavia, la questione del valore giuridico di tali atti rimane tutt’altro che pacifica, come dimostra una consolidata giurisprudenza che ne riconosce l’autorevolezza, ma ne nega la vincolatività, sottolineando la permanenza della discrezionalità amministrativa.

La recente sentenza del TAR Lazio, Roma, Sezione II, 21 dicembre 2024, n. 19214, offre una ricostruzione esemplare di questo equilibrio. Il giudice ha affermato che i pareri dell’ANAC, pur non essendo giuridicamente vincolanti, devono essere considerati dalle amministrazioni quali parametri di riferimento, in quanto espressione di un sapere tecnico e di un potere regolativo riconosciuto dall’ordinamento. Il loro mancato rispetto impone un onere motivazionale rafforzato, pena la violazione dei principi di trasparenza e di buon andamento.

La pronuncia prende le mosse da un caso emblematico. Una stazione appaltante aveva disatteso un parere di precontenzioso dell’ANAC, confermando un’aggiudicazione nonostante l’Autorità avesse ritenuto fondato il ricorso di un operatore economico escluso. L’impresa ricorrente aveva lamentato la violazione del parere e il giudice amministrativo ha chiarito che, sebbene tale atto non imponga un obbligo giuridico, esso rappresenta un parametro di legittimità sostanziale dell’azione amministrativa. L’amministrazione, dunque, può discostarsene solo fornendo una motivazione specifica e coerente con le circostanze del caso concreto.

L’articolo 222 del d.lgs. 36/2023 conferma questa impostazione, disponendo che “l’Autorità esercita poteri di vigilanza e di regolazione, anche mediante l’adozione di linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo e pareri di precontenzioso”. La norma, tuttavia, non qualifica espressamente tali atti come vincolanti, lasciando intendere che la loro efficacia sia di tipo persuasivo, in linea con la natura non autoritativa della soft law. L’ANAC, infatti, non esercita un potere sostitutivo, ma un potere di indirizzo e di moral suasion, che mira a garantire uniformità e prevenzione dei conflitti.

Il Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, parere n. 855 del 2023, ha chiarito che “la soft law dell’ANAC si colloca in una zona intermedia tra regolazione e indirizzo, configurandosi come fonte di interpretazione qualificata del diritto positivo”. Essa, quindi, non crea obblighi nuovi, ma interpreta quelli esistenti, offrendo alle stazioni appaltanti un modello applicativo di riferimento. Il valore dei pareri, in questa prospettiva, non è coercitivo ma orientativo, e tuttavia assume rilievo giuridico indiretto, nella misura in cui il loro disattendere ingiustificato può integrare violazione dei principi di correttezza amministrativa.

La giurisprudenza amministrativa, coerente con tale impostazione, ha delineato un doppio livello di efficacia dei pareri: da un lato, efficacia interna, nei confronti delle amministrazioni che ne richiedono l’emissione; dall’altro, efficacia esterna, in termini di uniformità interpretativa e prevenzione del contenzioso. Così, il TAR Lombardia, Milano, Sezione IV, sentenza 19 marzo 2024, n. 649, ha ribadito che il parere di precontenzioso, se accettato dalle parti, assume carattere vincolante; in caso contrario, mantiene valore consultivo, ma l’amministrazione non può ignorarlo senza adeguata motivazione.

Questo sistema ibrido di vincolatività condizionata trova fondamento nel principio di fiducia, posto dall’articolo 2 del Codice come cardine dei rapporti tra amministrazioni e operatori. Il legislatore ha inteso attribuire all’ANAC un ruolo di “garante della fiducia” nel mercato dei contratti pubblici, capace di assicurare interpretazioni uniformi e prevedibili, rafforzando la certezza del diritto e la coerenza del sistema. Tuttavia, l’esercizio di tale funzione deve sempre rispettare l’autonomia decisionale delle stazioni appaltanti, che restano titolari della valutazione finale sul caso concreto.

Il valore dei pareri ANAC si comprende appieno solo alla luce del principio del risultato. L’articolo 1 del Codice impone alle amministrazioni di perseguire l’obiettivo del miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione del contratto, in termini di qualità, efficienza ed economicità. I pareri, in questa logica, costituiscono strumenti di supporto per la realizzazione di tale principio, offrendo interpretazioni tecniche che favoriscono la rapidità e la coerenza delle decisioni. Essi non limitano la discrezionalità amministrativa, ma la qualificano, orientandola verso scelte consapevoli e conformi ai principi di legalità sostanziale.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Lazio, sentenza n. 221/2024, ha affrontato il tema da una prospettiva diversa, collegando la disapplicazione ingiustificata dei pareri ANAC a una possibile responsabilità erariale. Il giudice contabile ha affermato che l’amministrazione che ignori un parere tecnico autorevole senza adeguata motivazione agisce in violazione del principio di diligenza professionale, esponendosi al rischio di danno da contenzioso evitabile. La sentenza, pur senza attribuire vincolatività formale al parere, ne riconosce un valore sostanziale in termini di doverosità amministrativa.

Dal punto di vista sistematico, questa impostazione si inserisce nella più ampia tendenza del diritto amministrativo contemporaneo a valorizzare gli strumenti di soft governance, in cui il potere regolativo si esercita non attraverso la coercizione, ma mediante l’autorevolezza tecnica e la forza dell’argomentazione. I pareri ANAC, così intesi, si collocano in una dimensione post-autoritaria del diritto pubblico, in cui la legittimità non deriva solo dalla forma, ma dalla competenza e dalla trasparenza del processo decisionale.

La dottrina più attenta ha osservato che la soft law rappresenta una risposta alla crescente complessità del sistema degli appalti, caratterizzato da un intreccio di norme europee, nazionali e di secondo livello. In questo contesto, la funzione dell’ANAC è quella di assicurare un’interpretazione sistemica, coerente con i principi comunitari di concorrenza, trasparenza e proporzionalità. La Commissione europea, nella Comunicazione COM(2021) 761, ha espressamente riconosciuto il valore delle autorità indipendenti come garanti dell’uniformità interpretativa, invitando gli Stati membri a rafforzarne il ruolo consultivo.

Ciò non toglie che permangano margini di tensione tra autonomia amministrativa e indirizzo regolativo. Alcune pronunce hanno sottolineato che l’eccessiva adesione ai pareri ANAC rischia di trasformare un atto consultivo in un vincolo sostanziale, riducendo lo spazio di valutazione delle amministrazioni. Il TAR Puglia, Lecce, Sezione II, sentenza 9 maggio 2024, n. 813, ha ammonito che “il parere dell’Autorità non può surrogare la discrezionalità amministrativa, né essere invocato come schermo per sottrarsi alla responsabilità decisionale”. Tale equilibrio tra autonomia e indirizzo rappresenta il cuore del nuovo modello di governance.

Un tema collegato, di notevole rilievo operativo, riguarda l’uso dei pareri ANAC nei procedimenti di autotutela. Le stazioni appaltanti, spesso, li invocano come fondamento di annullamenti d’ufficio o revoche di aggiudicazioni, dimenticando che l’autotutela deve essere esercitata sulla base di una valutazione propria di legittimità e opportunità. L’Autorità offre un orientamento, ma la decisione rimane imputabile alla pubblica amministrazione. La giurisprudenza ha chiarito che l’atto di autotutela motivato esclusivamente con il richiamo al parere ANAC è viziato da difetto di istruttoria, poiché manca la valutazione autonoma richiesta dall’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990.

Sotto il profilo funzionale, i pareri dell’ANAC costituiscono anche un presidio di prevenzione del contenzioso. L’articolo 220 del Codice conferma il potere dell’Autorità di dirimere controversie in fase di precontenzioso, mediante pareri che, se accettati dalle parti, diventano vincolanti. Questo meccanismo ha una funzione deflattiva e contribuisce a rafforzare la fiducia reciproca tra amministrazioni e operatori. Tuttavia, la sua efficacia dipende dalla credibilità tecnica dell’Autorità e dalla capacità delle stazioni appaltanti di recepire le indicazioni con senso critico e responsabilità.

Le osservazioni critiche e propositive che si impongono alla luce di questo quadro convergono su un punto centrale: l’ANAC deve consolidare il proprio ruolo come fonte autorevole di interpretazione, ma senza sconfinare in un potere sostitutivo. È auspicabile una maggiore chiarezza normativa sullo status giuridico dei suoi atti, in modo da evitare incertezze applicative e contrasti giurisprudenziali. In prospettiva evolutiva, sarebbe opportuno che il legislatore, nel futuro aggiornamento del Codice o mediante decreto attuativo, prevedesse un regime differenziato tra le diverse tipologie di atti dell’Autorità: vincolante per i bandi-tipo e le linee guida di carattere tecnico-normativo, non vincolante ma cogente in termini motivazionali per i pareri e i comunicati.

Un ulteriore passo in avanti potrebbe consistere nella creazione di un repertorio ufficiale di conformità interpretativa, in cui l’ANAC raccolga i casi di recepimento e di discostamento motivato da parte delle stazioni appaltanti, al fine di promuovere trasparenza e uniformità. Ciò consentirebbe di monitorare l’effettivo impatto della soft law sul sistema e di calibrare meglio la distinzione tra indirizzo e vincolo.

In definitiva, il nuovo Codice dei contratti pubblici, con la sua struttura fondata sulla fiducia e sul risultato, restituisce ai pareri dell’ANAC una funzione preziosa ma non assoluta: essi sono bussola, non timone. La loro autorevolezza tecnica e la loro coerenza sistemica ne fanno strumenti imprescindibili per i RUP e per le stazioni appaltanti, ma la responsabilità della decisione rimane pubblica, personale e motivata. È in questa distinzione che si misura la maturità dell’amministrazione contemporanea, capace di ascoltare le autorità indipendenti senza rinunciare alla propria autonomia di giudizio.

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