Di Carmine Soldano
Quando il diritto incontra la prevenzione, tra scudi e spade di Damocle
- IL DASPO URBANO EVOLVE: PIÙ POTERE AL QUESTORE, PIÙ TUTELA PER LA CITTÀ
Come già trattato nelle precedenti puntate su polizialocaledigitale.it, il DASPO urbano è uno strumento cardine della sicurezza urbana integrata, capace di conciliare ordine pubblico, vivibilità cittadina e prevenzione dei reati. Con l’articolo 13 del Decreto Sicurezza 2025, il legislatore innesta un vero potenziamento del cosiddetto Daspo urbano, novellando l’articolo 10 del D.L. 14/2017, convertito dalla Legge 48/2017. Non più solo un provvedimento amministrativo riservato ai condannati: ora, anche chi sia stato denunciato nei cinque anni precedenti per reati contro la persona o il patrimonio commessi nei pressi di infrastrutture di trasporto può vedersi vietare l’accesso a determinate aree, per un periodo massimo di 12 mesi. Si tratta di un vero rinforzo del potere discrezionale del Questore, ma anche di un’intrusione nella libertà personale: il DASPO urbano diventa, così, scudo per la collettività e spada sospesa sul singolo cittadino, oscillando tra prevenzione e limitazione dei diritti fondamentali.
- COLLEGAMENTO ALLA SOSPENSIONE CONDIZIONALE: UN VINCOLO STRUTTURALE
L’articolo 165 del codice penale viene novellato, permettendo al giudice di subordinare la sospensione condizionale della pena al rispetto del divieto di accesso. In questo modo, il DASPO urbano non è più un mero provvedimento amministrativo, ma si intreccia con il diritto penale, assumendo una rilevanza concreta nel percorso della pena. Il legame DASPO urbano – sospensione condizionale costruisce, ex professo, un autentico ponte tra la prevenzione amministrativa e la sanzione penale, trasformando il provvedimento in uno strumento dal peso quasi penale, con un vincolo che diventa non più eventuale, ma formalmente obbligatorio.
- LE OMBRE SULLA LIBERTÀ: DUBBI COSTITUZIONALI E CONVENZIONALI
Ecco il nodo critico: può una semplice denuncia senza condanna definitiva giustificare il divieto di accesso a spazi pubblici? La questione non è banale. La Costituzione e l’articolo 2 del Protocollo 4 della CEDU garantiscono la libertà di circolazione, e qui emerge un conflitto di valori tra tutela della sicurezza e garanzie individuali.
Il DASPO urbano, nelle sue applicazioni più ampie, rischia di trasformarsi in spada di Damocle sospesa sulla vita quotidiana di cittadini innocenti, come già evidenziato nelle analisi precedenti riguardanti l’ordine di allontanamento e le misure preventive contro marginalità e reati minori.
- CRITICITÀ E SPUNTI DI RIFLESSIONE GIURIDICHE E DOTTRINALI
L’articolo 13 instaura un bilanciamento delicatissimo tra la necessità di garantire la sicurezza urbana e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. Questo intreccio tra DASPO urbano e sospensione condizionale erige un ponte tra prevenzione amministrativa e sanzione penale, conferendo al provvedimento un peso quasi punitivo. Il vincolo non è più mero avvertimento, ma una spada di Damocle sospesa sulla libertà del soggetto.
In breve, il DASPO urbano non deve diventare strumento di esclusione sociale, ma vero presidio di sicurezza urbana.