Videopodcast – Accesso agli atti negli appalti pubblici

Ordine ingegneri venezia convegno 10 marzo 2023 nuovo codice dei contratti pubblici

Il nuovo regime privilegiato per i primi cinque in graduatoria tra vincoli, aperture e cautele procedimentali.

Di Luca Leccisotti

Il presente approfondimenti intende illustrare in modo discorsivo ed esaustivo il nuovo assetto dell’accesso agli atti nelle procedure di affidamento pubblico dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 36/2023, con particolare attenzione al regime privilegiato introdotto per gli operatori economici collocati nei primi cinque posti in graduatoria. L’articolo approfondisce i riferimenti normativi, le implicazioni pratiche e i risvolti giurisprudenziali fondamentali (in particolare Tar Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 1618/2025), soffermandosi su obblighi motivazionali, tutela dei segreti tecnici e commerciali, e criteri di bilanciamento degli interessi in gioco. Segue un’analisi critica e proposte evolutive per la disciplina dell’istituto nell’ottica della trasparenza e della difesa degli operatori.

L’introduzione del nuovo Codice dei contratti pubblici, d.lgs. 36/2023, ha riscritto in modo incisivo la disciplina dell’accesso agli atti delle procedure di affidamento, dedicando all’istituto significative innovazioni, tra cui il regime privilegiato per i primi cinque operatori in graduatoria. Il legislatore, con una scelta di sistema, ha costruito una presunzione assoluta (iuris et de iure) circa il diritto di questi soggetti ad accedere agli atti più sensibili della procedura, senza il previo onere di dimostrare uno specifico interesse qualificato alla conoscenza dei documenti. Tale assetto scaturisce dalla consapevolezza che la posizione giuridica dei primi cinque collocati si configura come di “potenziale vittoria”, oppure di immediata prossimità alla zona di vantaggio competitivo, e dunque meritevole della più ampia tutela del diritto all’informazione e alla difesa.
L’articolo 36, comma 2, del d.lgs. 36/2023 riconosce in capo a questi soggetti la disponibilità di tutte le offerte tecniche ed economiche, verbali di gara, atti e dati contenuti nei documenti di gara, stabilendo la reciproca ostensibilità tramite la piattaforma digitale. Tale obbligo di ostensione è dunque automatico: la stazione appaltante non ha il potere di frapporre limiti se non nei rigorosi casi in cui ricorrano esigenze effettive e specifiche di tutela del segreto industriale o commerciale, richiamandosi implicitamente all’art. 53, commi 5 e 6, del previgente d.lgs. 50/2016 e alla consolidata prassi dell’ANAC.
Di rinnovato rilievo risulta la previsione per cui l’onere di allegazione del requisito della indispensabilità della documentazione ai fini della difesa in giudizio – anteriormente fondamentale quale punto centrale per l’accesso difensivo “rafforzato” – oggi sussiste solo laddove sia l’operatore aggiudicatario a proporre una motivata istanza di oscuramento, provandone l’effettiva ragione di tutela di segreti tecnici o commerciali. Così chiarisce la sentenza Tar Calabria n. 1618/2025, la quale, affrontando un caso di oscuramento integrale di offerta tecnica imposto dalla stazione appaltante, ribadisce che, in forza del nuovo quadro normativo, la pubblica amministrazione non può sottrarsi all’obbligo di ostensione e motivare genericamente sulla base di affermazioni stereotipate o aprioristiche. Questa scelta giurisprudenziale, estrinsecazione del generale favor per l’accesso trasparente, pone in posizione centrale i diritti di informazione e difesa dei concorrenti meritevoli, mentre rimane un dovere rigoroso l’esame puntuale e la motivazione specifica degli eventuali motivi ostativi, da valutare caso per caso con riguardo alle peculiarità dell’offerta oscurata.
Nella prassi delle procedure di gara, trova frequente applicazione la cosiddetta discovery pre-aggiudicazione, ossia l’accesso agli atti formulato in epoca antecedente alla comunicazione ufficiale dell’aggiudicazione. In tale contesto, la giurisprudenza (Tar Calabria n. 1618/2025) ha precisato la necessità di distinguere il rito processuale applicabile: il ricorso avverso il diniego di accesso deve essere trattato con il rito ordinario dell’art. 116 del d.lgs. 104/2010, non con quello accelerato di cui all’art. 36, co. 4, del d.lgs. 36/2023, quando presentato prima della comunicazione di aggiudicazione. La premura della tutela giurisdizionale accelerata, in effetti, è riservata alle controversie accessive insorte dopo l’aggiudicazione, laddove il pericolo di pregiudizio la posizione dell’interessato sia più rilevante.
Ogni fase della gestione del diritto di accesso, a legislazione vigente, implica per il Responsabile Unico del Procedimento e per gli operatori la necessità di adottare precise cautele procedimentali: non solo garantire l’immediata ostensibilità degli atti, ma anche predisporre sistemi informativi in grado di rendere reciprocamente disponibili tutti i documenti rilevanti senza ritardi o filtri non consentiti. In caso di richiesta di oscuramento da parte dell’offerente, occorre una motivazione circostanziata e il bilanciamento ex post tra diritto di difesa e diritto all’impresa, nel rispetto degli orientamenti costanti del Consiglio di Stato in materia di segreti tecnici e commerciali, e dei relativi pareri ANAC.
Qualora l’amministrazione ometta di fornire puntuale motivazione sul diniego – come nel caso oggetto della citata sentenza – si configura una lesione immediata del diritto di difesa del concorrente, con conseguente illegittimità degli atti e probabile accoglimento del ricorso accessivo. Il giudice amministrativo, in casi talvolta analoghi, ha affermato che la strumentalità tra documentazione richiesta ed esigenze difensive del concorrente “si presume in re ipsa”, soprattutto quando l’oscuramento riguardi non solo l’offerta tecnica dell’aggiudicatario, ma anche quelle dei primi cinque in graduatoria. Pertanto, ogni limitazione deve essere attentamente circoscritta e motivata, pena la radicale inefficacia dell’atto ostativo.
Particolare attenzione va poi dedicata alla relazione tra obblighi di ostensione e tutela degli interessi economici e della riservatezza delle informazioni aziendali: il nuovo sistema, pur ampliando la trasparenza, non sacrifica i diritti essenziali dei partecipanti, ma li subordina a rigorosi criteri di prova della reale sussistenza del pregiudizio derivante dalla pubblicità. È la stessa norma a prevedere che il segreto possa essere opposto esclusivamente in presenza di elementi fattuali e giuridici idonei a rendere “indispensabile” la limitazione, e detta valutazione è demandata ad una ponderazione accurata e non meramente formale.
Sul piano sistematico, il legislatore ha così introdotto una disciplina che si può ritenere, secondo la dottrina più attenta, orientata verso una “ostensione selettiva presidiata”: solo a chi realmente possa subire la lesione di un diritto protetto è consentito opporsi, mentre ai primi cinque viene riconosciuta una sorta di diritto di accesso qualificato. Tale qualificazione aiuta a ridurre il contenzioso pretestuoso, garantendo la difesa concreta e immediata dei soggetti maggiormente coinvolti nel risultato della gara.
Anche per quanto riguarda le piattaforme digitali utilizzate, la norma impone che gli atti siano messi a disposizione degli interessati attraverso la stessa piattaforma sulla quale è stata gestita la procedura. Ciò determina un’ulteriore esigenza di trasparenza procedurale, responsabilizzando i RUP nella tempestiva ed efficace gestione della discovery e nella predisposizione di flussi documentali facilmente accessibili agli aventi titolo.

Nelle osservazioni critiche, si impone un’attenta riflessione sull’equilibrio tra esigenze di trasparenza, tutela della concorrenza e protezione dei segreti tecnici. Sebbene la novella abbia compiutamente rafforzato le garanzie difensive nei confronti dei primi cinque in graduatoria, si deve prendere atto che il rischio di divulgazione non necessaria di informazioni ritenute sensibili rimane reale, specie in settori altamente tecnologici o a forte innovazione. La disciplina potrebbe essere ulteriormente perfezionata prevedendo, ad esempio, delle linee guida ANAC nazionali condivise sulla natura concreta dei segreti tutelabili e sugli standard minimi per la motivazione degli oscuramenti.
Ulteriore possibilità evolutiva consisterebbe nella valorizzazione delle istanze partecipative degli operatori in sede procedimentale, prevedendo audizioni “accelerate” e strumenti di risoluzione bonaria delle controversie sull’accesso, per ridurre il contenzioso amministrativo e favorire l’effettiva tutela sostanziale dei diritti. In chiave accademica, la standardizzazione di moduli elettronici per la gestione del diritto di accesso, con livelli differenziati di ostensione, potrebbe rafforzare l’efficacia della riforma allineandosi anche ai principi europei in materia di open contracting e digitalizzazione dell’azione amministrativa.

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