Autospurgo che scarica in fogna

Il mezzo utilizzato va sempre sequestrato.

Di Michele Mavino

La pronuncia della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione affronta ancora una volta il tema dei presupposti del sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p., con riguardo alla gestione illecita dei rifiuti liquidi. Il caso prende avvio dal sequestro di un autospurgo utilizzato, secondo le risultanze dell’informativa di polizia giudiziaria, per lo sversamento di reflui all’interno della rete fognaria destinata alle acque meteoriche, condotta astrattamente sussumibile nelle fattispecie di cui agli artt. 192 e 255 del D.lgs. 152/2006.

Il ricorrente eccepiva principalmente la carenza motivazionale circa il fumus commissi delicti e il periculum in mora, sostenendo che non fosse stato verificato il contenuto della cisterna né assegnato il corretto codice CER al rifiuto ipoteticamente sversato, oltre a contestare l’automatismo tra disponibilità del mezzo e rischio di reiterazione del fatto.

La Cassazione respinge il ricorso ritenendolo manifestamente infondato, ribadendo alcuni principi cardine.
Ai fini del sequestro preventivo non sono necessari gravi indizi di colpevolezza, essendo sufficiente l’astratta configurabilità del reato sulla base degli elementi indiziari disponibili. È irrilevante, nella fase cautelare reale, la mancata esatta qualificazione del rifiuto tramite attribuzione del CER, poiché l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere in rete fognaria integra già di per sé il disvalore penale richiesto.

La Corte valorizza inoltre la strumentalità diretta dell’automezzo rispetto alla condotta contestata: la libera disponibilità del veicolo costituirebbe un rischio concreto di reiterazione dell’illecito, sufficiente a legittimare il mantenimento del vincolo cautelare.

    La motivazione del Tribunale è ritenuta adeguata e non apparente, in quanto coerente nella ricostruzione dei fatti e nella valutazione degli elementi raccolti dalla polizia giudiziaria, con specifico riferimento alla documentazione fotografica dell’attività illecita.

    La pronuncia conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza nella tutela del bene ambientale attraverso gli strumenti del sequestro preventivo, in un settore (gestione dei rifiuti liquidi e scarichi) particolarmente sensibile al rischio di reiterazione delle condotte. Per gli operatori, emerge un’indicazione importante: anche in assenza di accertamenti analitici sul rifiuto, la condotta di smaltimento anomalo può fondare l’applicazione della misura cautelare, purché documentata da elementi oggettivi.

    Condividi questo articolo!