Il ministero boccia la possibilità di esterni alla guida della polizia locale

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Di Francesco De Santis

Il ruolo di comandante può essere attribuito solo a personale appartenente ai ruoli della “Polizia Locale”.

La frase è al centro di una nota del Ministero dell’Interno sulla legge regionale Abruzzo numero 24 del 2025, in particolare sull’articolo 12 che interviene sulla disciplina per il conferimento dell’incarico di Comandante della Polizia Locale.

Il documento, inviato alla Presidenza del Consiglio, prende in esame il nuovo comma 7-bis dell’articolo 5 della legge regionale 42 del 2013.

La norma consente, in caso di vacanza del posto e in assenza di figure dirigenziali nel Corpo, di affidare l’incarico a un altro dirigente dell’ente o a un dirigente Comandante di altra amministrazione comunale mediante “scavalco condiviso”, in deroga ai commi 1 e 2.

Secondo l’Ufficio Affari legislativi del Ministero, una simile previsione, ammettendo la possibilità di nominare Comandante personale eventualmente privo dei requisiti fissati dalla normativa statale per la qualifica di pubblica sicurezza, rischia di eludere tale normativa e di invadere la competenza dello Stato nella materia dell’ordine e sicurezza pubblica, in contrasto con l’orientamento espresso dalla giustizia amministrativa.

Nel parere si richiama la necessità di fare comunque salvi i “requisiti di legge” richiamati dal comma 1 e di limitare il ricorso a dirigenti esterni a casi eccezionali, prevedendo comprovata esperienza e specifica formazione nel settore della polizia locale.

La Legge Quadro sulla Polizia Locale, 7 marzo 1986, n. 65, riconosce agli appartenenti della Polizia Locale compiti di vigilanza e controllo e prevede che gli stessi rispondano del proprio operato direttamente all’organo politico (Sindaco o presidente della Provincia) per il tramite del Comandante, godendo di indipendenza rispetto al vertice amministrativo e di autonomia del servizio rispetto alle altre diramazioni della struttura organizzativa di riferimento.

Ciò è tanto vero che la legge statale – L. 65/86 – contempla altresì uno status giuridico ed economico differenziato rispetto a quello degli altri dipendenti comunali (art. 7, primo e terzo comma, della legge n. 65 del 1986), sia pure nel rispetto dei principi generali contenuti nella Legge quadro sul pubblico impiego.

La disciplina contenuta nella Legge sopradetta vieta che, una volta eretto a corpo, la Polizia Locale sia inserita all’interno di un più ampio settore nel quale assuma una posizione intermedia quale un’unità operativa complessa, ma non esclude che il corpo di Polizia Locale possa acquisire funzioni ulteriori sempre nell’ambito di quelle di polizia amministrativa.

Il Comandante della Polizia Locale è responsabile verso il Sindaco, il quale a sua volta è l’organo titolare delle funzioni di Polizia Locale che competono al Comune. Di conseguenza, porre il Comandante della Polizia Locale alle dipendenze di un funzionario del Comune equivale a trasferire a quest’ultimo funzioni di governo che per Legge competono al Sindaco.

Infine quanto sopra è stato confermato recentemente da una significativa sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, che richiamando la normativa statale e regionale in materia, ha definito il ruolo del Corpo di Polizia Locale e la figura “infungibile” del suo Comandante.

Nella sentenza i Giudici amministrativi hanno evidenziato che «le modifiche regolamentari non possono incidere in ogni caso sullo “status” del Corpo, così come definito dalla Legge statale e regionale.

In conclusione, è stato affermato che per espressa previsione del legislatore (Legge n. 65/86) la Polizia Locale ha una sua intangibile autonomia e “non può essere ricompresa in un’altra struttura o settore organizzativo del Comune”.

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