Circolazione con veicolo sequestrato

Scatta la violazione dei sigilli anche se questi non erano stati materialmente apposti.

Di Michele Mavino

La pronuncia 13087/2025 affronta due temi di rilievo per l’attività di polizia locale, cioè la circolazione con un veicolo sottoposto a sequestro amministrativo ex art. 213 del Codice della strada e la configurabilità del reato di violazione di sigilli ex art. 349 c.p. anche in assenza di sigilli fisici.

La Corte ribadisce un orientamento consolidato (richiamando le Sezioni Unite, sent. n. 1963/2011, Di Lorenzo) secondo cui la condotta di chi circola abusivamente con un veicolo sottoposto a sequestro amministrativo non integra il reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro (art. 334 c.p.), bensì esclusivamente l’illecito amministrativo previsto dall’art. 213, comma 4, C.d.S.
Ciò si fonda sul principio di specialità (art. 9 legge 689/1981), in base al quale la disciplina amministrativa del Codice della strada prevale su quella penale generale, rendendo il concorso solo apparente. La conseguenza pratica è rilevante: per le forze di polizia, la condotta va segnalata solo in sede amministrativa, senza contestare automaticamente il reato di cui all’art. 334 c.p., salvo che il sequestro sia di natura penale.

Diversa è la valutazione sul reato di violazione di sigilli (art. 349 c.p.), che la Corte ritiene configurabile anche se i sigilli non sono materialmente apposti.
Secondo la giurisprudenza consolidata, il reato tutela l’interesse pubblico alla conservazione del bene sottoposto a vincolo legale, e si perfeziona ogni volta che il soggetto aggiri il divieto di manomissione o modificazione del bene, purché sia consapevole del vincolo. In questo caso, la custodia del veicolo costituiva un atto idoneo a rendere noto tale vincolo.
Ciò significa che, in caso di affidamento in custodia al proprietario, l’uso non autorizzato del veicolo può integrare il reato ex art. 349 c.p., indipendentemente dall’apposizione di sigilli materiali, se vi è prova della consapevolezza del vincolo.

La Corte annulla senza rinvio la condanna per l’art. 334 c.p., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ma conferma la responsabilità per la violazione di sigilli, rinviando per la rideterminazione della pena.

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