La Corte Costituzionale respinge le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Firenze.
Di Michele Mavino
La pronuncia della Corte Costituzionale nr 105 depositat il 16 luglio 20925 rappresenta un passaggio significativo nel dibattito giuridico sulla coerenza del sistema sanzionatorio penale in materia di beni giuridici di modesta lesione, e si inserisce nel contesto più ampio delle politiche di depenalizzazione e razionalizzazione delle sanzioni introdotte negli ultimi anni.
La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 639 c.p., che sanziona penalmente il deturpamento o l’imbrattamento di cose altrui, anche in assenza di violenza o minaccia. Il Tribunale di Firenze lamentava, in particolare, l’irragionevolezza e la sproporzione della pena penale prevista per condotte di scarsa lesività (alterazioni temporanee o superficiali), rispetto a quella pecuniaria civile oggi applicata ad alcune ipotesi di danneggiamento semplice, depenalizzate con il d.lgs. n. 7/2016.
In via subordinata, veniva inoltre contestata la procedibilità d’ufficio prevista per l’aggravante di cui al comma 2 dello stesso art. 639, anche in casi dove il danneggiamento sarebbe, invece, procedibile a querela.
Il Tribunale ha fondato le sue censure su due cardini:
- Violazione dell’art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra condotte simili ma sanzionate diversamente;
- Violazione dell’art. 27, co. 3 Cost., per sproporzione tra la sanzione penale e la lieve offensività del fatto (in ottica rieducativa).
Il giudice ha proposto una soluzione manipolativa: sostituire la sanzione penale prevista dall’art. 639 c.p. con quella pecuniaria civile di cui all’art. 4 del d.lgs. 7/2016, nei casi meno gravi e non aggravati.
La Corte non entra nel merito delle questioni, limitandosi a dichiararne l’inammissibilità. Le motivazioni principali si articolano in due direttrici:
- Ampia discrezionalità del legislatore: la Corte ribadisce che la determinazione del perimetro dei reati e delle pene rientra nella discrezionalità politica del legislatore. Tale discrezionalità è sindacabile solo in caso di manifesta irrazionalità, che non sussiste nel caso di specie.
- Differenza qualitativa tra beni tutelati: pur ammettendo la parziale sovrapposizione tra danneggiamento e imbrattamento, la Corte sottolinea che il secondo reato ha una dimensione collettiva e simbolica, che giustifica la sua permanenza nel sistema penale. In particolare, viene richiamata la ratio di tutela del decoro urbano e dell’igiene pubblica, ritenuti beni giuridici autonomi rispetto alla mera integrità patrimoniale.
Di rilievo anche il riferimento al d.l. n. 48/2025, che ha recentemente inasprito il trattamento sanzionatorio per l’imbrattamento di beni pubblici destinati a funzioni istituzionali, a conferma della volontà legislativa di rafforzare la tutela penale in tale ambito.
Anche la doglianza sul regime di procedibilità (art. 639, co. 5 c.p.) viene dichiarata inammissibile, in coerenza con l’orientamento consolidato secondo cui la scelta tra querela e procedibilità d’ufficio è materia riservata alla politica criminale del legislatore, sindacabile solo in casi di irrazionalità evidente, che nella fattispecie non è ravvisabile.