Il TAR Lazio spiega la differenza, tra esigenze di individuare gli esercizi e sicurezza stradale.
Di Michele Mavino
La sentenza in esame affronta un tema di grande rilevanza pratica per gli operatori economici e per le amministrazioni stradali: la distinzione tra insegna di esercizio e mezzo pubblicitario ai sensi del Codice della Strada e della normativa attuativa.
Il caso prende avvio dal diniego, da parte di Anas S.p.A., all’installazione di più insegne presso un esercizio situato lungo la S.S. 148 Pontina. La società ricorrente sosteneva che le installazioni avessero la funzione di segnalare la sede dell’attività, mentre l’ente resistente le qualificava come mezzi pubblicitari, vietati o comunque limitati in quel contesto per ragioni di sicurezza stradale.
Il TAR respinge il ricorso, ritenendo corretta la qualificazione operata da Anas e confermando la legittimità dei provvedimenti di diniego.
Il Collegio ha escluso che i provvedimenti impugnati fossero carenti di motivazione. Pur sintetica, essa è stata ritenuta chiara e sufficiente a consentire alla ricorrente di comprendere le ragioni del diniego e di contestarle puntualmente. La giurisprudenza, infatti, richiede una motivazione che renda percepibile l’iter logico dell’amministrazione, non necessariamente dettagliata al punto di riprodurre integralmente gli elementi istruttori.
Il TAR valorizza la definizione normativa di insegna di esercizio (art. 47 del Regolamento al Codice della Strada, D.P.R. n. 495/1992), sottolineandone la funzione esclusivamente segnaletica e “passiva”, ossia limitata a indicare il luogo in cui si svolge l’attività. Diversamente, le installazioni oggetto della controversia (totem, bandiere, poster, vetrofanie) sono state ritenute strumenti di richiamo attivo della clientela, quindi riconducibili alla pubblicità.
La Corte amministrativa ribadisce che la ratio dell’art. 23 del Codice della Strada è prevenire situazioni di distrazione per gli automobilisti. In particolare, l’ubicazione delle insegne lungo una strada ad alta percorrenza e la loro finalità di rendersi visibili già da notevole distanza rappresentano un fattore di rischio, giustificando l’intervento restrittivo dell’ente gestore.
La valutazione circa il carattere pubblicitario delle insegne e il loro impatto sulla sicurezza è qualificata come espressione di discrezionalità tecnica. Il TAR riconosce che, in simili materie, il giudice amministrativo può sindacare la logicità e la coerenza dell’apprezzamento, ma non sostituirsi all’amministrazione se questa ha motivato adeguatamente.
Questa pronuncia conferma un orientamento rigoroso volto a evitare che la nozione di “insegna di esercizio” sia dilatata fino a ricomprendere strumenti pubblicitari veri e propri.