Video – Noleggio con conducente

la Corte Costituzionale smonta un altro pezzo del Decreto sul foglio di servizio elettronico.

Di Giacomo Pellegrini

Importante decisione della Corte Costituzionale che, con la sentenza n°163 depositata il 4 novembre 2025, va ad intervenire su uno dei temi scottanti di questi mesi, dichiarando la parziale incompetenza statale nel disciplinare la tematica della compilazione del foglio di servizio elettronico per il servizio di noleggio con conducente. Oggetto del contendere in un giudizio per conflitto di attribuzioni tra enti, nella fattispecie la Regione Calabria e lo Stato Italiano, era il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei rapporti adottato di concerto con il Ministero dell’Interno, 16 ottobre 2024 n°226, “Modalità di tenuta e compilazione del foglio di servizio elettronico di cui all’articolo 11, comma 4, legge 15 gennaio 1992, n°21, ai fini dello svolgimento del servizio di noleggio con conducente effettuato esclusivamente mediante autovettura o motocarrozzetta”, nonché le correlate circolari n°34247/2024  e 36861/2024 che disciplinavano più nel dettaglio taluni aspetti trattati dallo stesso decreto. L’elemento più importante “bocciato” dalla Consulta, riguarda l’art.4 comma 3 del decreto, che aveva introdotto il vincolo temporale di almeno venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio NCC, per i casi in cui questo non inizi dalla rimessa o dalle altre aree specificamente delimitate ed individuate come rimessa. Questo perché, spiegano i giudici delle leggi, “Tale obbligo a carico dell’esercente il servizio NCC non trova alcun riscontro nella base legale costituita dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, che si limita a demandare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto adottato di concerto con il Ministero dell’interno, la definizione delle «specifiche tecniche» del foglio di servizio elettronico. Inoltre, e soprattutto, l’introduzione di un tempo minimo operativo tra la prenotazione e la corsa risulta una misura sproporzionata rispetto alla finalità antielusiva, volta a evitare che il servizio NCC possa rivolgersi a una utenza indifferenziata, riservata ai soli titolari di licenze per taxi. Simile obiettivo, infatti, è già adeguatamente presidiato dal citato art. 11, comma 4, della legge quadro n. 21 del 1992, là dove prevede l’obbligo per l’esercente del servizio NCC di ricevere le richieste di servizio presso la rimessa o la sede, anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici, nonché quello di compilare e tenere il foglio di servizio elettronico e di esibirlo in caso di controlli. Per converso, la regola dei venti minuti fra la prenotazione e la prestazione del servizio determina un aggravio organizzativo e gestionale che travalica il limite della stretta necessità e, surrettiziamente, consegue lo stesso risultato sotteso alla disciplina che questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 56 del 2020”. Tra l’altro, continuano i giudici, “Il vettore, che riceva una specifica prenotazione dopo la partenza dalla rimessa o durante il rientro, non può stazionare sul suolo pubblico, poiché non è in attesa del cliente (il che sarebbe consentito dall’art. 11, comma 4-ter, della legge n. 21 del 1992), bensì deve aspettare che decorra il tempo imposto dal decreto interministeriale e dalla circolare attuativa sopra richiamata. Di conseguenza, è costretto a circolare “a vuoto” oppure a rientrare in rimessa. In ambo i casi si generano inefficienze sistemiche e conseguenze negative per l’ambiente e, con il rientro in rimessa, si riproduce indirettamente quel medesimo vincolo, che era stato introdotto dall’art. 10-bis, comma 1, lettera e), del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, nell’art. 11, comma 4, secondo periodo, della legge n. 21 del 1992, dichiarato costituzionalmente illegittimo sempre dalla sentenza n. 56 del 2020”.

Oltre a tale elemento estremamente importante, la sentenza va a dichiarare l’incompetenza statale anche sulla tematica, affrontata negli articoli 2 c.1 lett. h) e m) e 5 del decreto in esame, del divieto di stipula di contratti di durata con operatori NCC a soggetti che svolgono in via indiretta attività di intermediazione. In tal senso, viene precisato nella sentenza, la terminologia usata nel decreto, “…finisce per abbracciare non solo ipotesi potenzialmente orientate a perseguire lo scopo antielusivo di evitare che l’intermediario svolga l’attività vietata all’esercente NCC, ovverosia che cerchi di intercettare una clientela indifferenziata, ma anche fattispecie non ascrivibili a tale finalità. A titolo  esemplificativo, il richiamo a chi svolga solo indirettamente attività di intermediazione è tale da inibire anche ad alberghi, agenzie di viaggio o tour operator di concludere contratti di durata per assicurare ai propri clienti servizi di trasporto certi, rapidi e a prezzi concordati, posto che sicuramente tali soggetti finiscono per svolgere, quanto meno indirettamente, una attività di intermediazione. Sennonché, non può ritenersi che pregiudichi l’interesse pubblico sotteso alla distinzione tra il servizio taxi e quello NCC consentire a taluni di negoziare le condizioni di un servizio di trasporto da assicurare ai propri clienti. Di conseguenza, la disciplina impugnata, nel riferirsi a coloro che svolgono, anche in maniera indiretta, attività di intermediazione, travalica il fine concorrenziale e comprime indebitamente l’autonomia contrattuale, che della concorrenza è naturale strumento. La violazione del principio di proporzionalità nel perseguimento del fine che legittima il richiamo alla competenza legislativa statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., determina, anche in questo caso, una indebita interferenza con la materia di competenza regionale residuale «trasporto pubblico locale”. Un ultimo aspetto toccato dai giudici riguarda il principio della neutralità tecnologica, che ha portato a far venir meno l’imposizione all’esercente NCC l’utilizzo esclusivo dell’applicazione informatica ministeriale per la compilazione del foglio di servizio elettronico e questo perché, viene ben spiegato nel corpo della decisione, “La scelta di imporre un sistema centralizzato, sviluppato dallo Stato, risulta eccedente rispetto alla finalità di assicurare la verifica telematica dei dati contenuti nel foglio di servizio. Le attività di controllo, infatti, possono ben essere garantite attraverso soluzioni alternative più rispettose della libera iniziativa economica privata e dell’autonomia organizzativa degli operatori economici. Basti evocare, a riguardo, l’adozione di sistemi aperti o interoperabili gestiti da soggetti certificati e accessibili alle autorità su richiesta, secondo modelli già consolidati in altri settori regolati”.

A questo punto si pone la necessità di intervenire, ai vari livelli istituzionali, nazionale e regionale, per colmare gli aspetti tagliati dalla Corte Costituzionale, facendo tesoro dei principi e dei suggerimenti contenuti in questa sentenza, in una materia che, da sempre, si regge su un delicato equilibrio.

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