Configurabilità del reato svincolata dal mero contatto fisico.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 5688 del 2025 affronta un tema di particolare delicatezza, ossia la configurabilità del reato di violenza sessuale in ipotesi in cui manchi un contatto fisico diretto tra l’agente e la vittima. La vicenda giudiziaria trae origine da una serie di condotte persecutorie e minacciose, culminate nella costrizione della persona offesa a registrare un video di autoerotismo, successivamente trasmesso all’imputato.
Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la presunta impossibilità di ricondurre tale episodio all’art. 609-bis c.p., sostenendo che il reato richieda un contatto corporeo diretto. La Corte ha rigettato questa tesi, riaffermando un orientamento ormai consolidato secondo cui la nozione di “atti sessuali” non è circoscritta al contatto fisico, ma include qualsiasi condotta che coinvolga la corporeità sessuale della vittima, purché posta in essere contro la sua volontà e in violazione della sua libertà di autodeterminazione.
La Cassazione ha chiarito che il dolo richiesto è di carattere generico: ciò che rileva è la coscienza e volontà di imporre alla vittima un atto sessuale, indipendentemente dalle finalità concupiscenti dell’agente. È sufficiente che l’autore sia consapevole della natura sessuale della condotta cui costringe la vittima, anche se questa viene posta in essere in sua assenza o in un momento successivo alla minaccia. Tale interpretazione appare coerente con l’evoluzione delle relazioni interpersonali in un contesto digitale, dove la violenza può esplicarsi anche a distanza, attraverso strumenti telematici.
La Corte affronta inoltre altre questioni rilevanti, quali la La procedibilità del reato di violenza sessuale, confermata in virtù della connessione con delitti perseguibili d’ufficio (atti persecutori ed estorsione), rendendo irrilevante la remissione di querela, Il concorso tra tentata estorsione e atti persecutori, che non può essere escluso per assorbimento, data la diversa oggettività giuridica delle fattispecie, la diffusione illecita di materiale sessualmente esplicito (art. 612-ter c.p.), che si perfeziona anche senza la conoscenza diretta della vittima da parte del destinatario, essendo sufficiente la volontà dell’agente di recare un nocumento alla reputazione, il rigetto della sostituzione della pena con sanzioni alternative, motivato con la gravità delle condotte e la pervicace indole criminale dell’imputato.
La pronuncia si colloca nel solco di una giurisprudenza attenta a tutelare la libertà sessuale come bene primario, svincolandola da visioni riduttive legate al solo contatto fisico. Essa ribadisce che ciò che rileva è la compromissione della capacità della vittima di autodeterminarsi rispetto alla propria sfera sessuale, che può essere violata tanto da vicino quanto a distanza, con minacce e coercizioni psicologiche.