Anche chi assiste alla violenza è una vittima

Di Michele Giuliano Perrone

È di qualche giorno fa la notizia di una sentenza destinata a fare clamore nel mondo della scuola. Difatti, con la sentenza n. 30123, la Corte di cassazione ha stabilito due principi fondamentali: il primo, il docente che “strattona e/o minaccia gli alunni” commette il reato di maltrattamento anziché il reato di abuso dei mezzi di correzione.

Il secondo principio è quello più significativo e riguarda la fattispecie di reato in sé che si configura anche per chi ha “solamente assistito alle violenze”. Nella fattispecie, chi assiste alle violenze, diventa una vittima a tutti gli effetti, con diritto ad un eventuale risarcimento.

La vicenda presa in esame dagli “ermellini” riguarda quella di due insegnanti, in una scuola d’infanzia, tacciati di maltrattamenti psicologici in danno di bambini.

In particolare, le insegnanti, mettendo in atto tali comportamenti creavano allo stesso tempo un clima di paura all’interno dell’istituto.

La Suprema Corte, ad ogni buon modo, ha accolto il ricorso dei genitori di una bambina frequentatrice della scuola d’infanzia che veniva costretta, a suo malgrado, ad assistere a delle violenze, pur non subendole in maniera diretta.

Per i giudici essere anche solo testimone degli eventi (ovvero dei comportamenti quotidiani illeciti delle maestre) è di per sé un danno.

 La questione era già stata illo tempore oggetto di sentenza da parte della Corte d’Appello che, pur riconoscendo i maltrattamenti ascritti rubricandoli nel così detto “Codice Rosso”, aveva negato il risarcimento alla famiglia della bambina che aveva assistito, ragion per cui, gli stessi si rivolgevano alla Cassazione la quale rinviava il caso ad un giudice civile per quantificare il risarcimento.

Secondo la sentenza depositata della Cassazione, gli insegnanti hanno generato, con i propri comportamenti umilianti e vessatori, un clima di paura e uno status di sofferenza, aggravato dal fatto che le vittime erano bambini e quindi psicologicamente soggetti fragili. Per tali motivazioni, veniva altresì respinta la richiesta degli insegnati di derubricare la loro condotta nel reato di abuso dei mezzi di correzione.

Il reato di abuso di mezzi di correzione.

Il reato di abuso di mezzi di correzione, ex art. 571 del Codice penale, rientra tra i delitti e si configura quando un soggetto abusa dei mezzi di correzione e disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata in ragione di educazione, istruzione, cura vigilanza o custodia.

L’abuso si verifica quando, un mezzo correttivo o educativo, legittimo, viene utilizzato in maniera esagerata rispetto al comportamento da correggere, in modo altresì arbitrario o intempestivo (ovvero nel momento sbagliato o senza la reale necessità).

Differenze tra maltrattamenti (ex art. 572 c.p.) e percosse (ex art. 581 c. p.).

Il reato di abuso dei mezzi di correzione si distingue dai maltrattamenti perché l’abuso è l’eccesso di un mezzo lecito, mentre i maltrattamenti possono integrare l’uso di mezzi illeciti o un’escalation di abusi.

Le percosse, invece, implicano un atto di violenza fisica cagionando all’altrui persona una lesione personale, dalla quale ne derivi una malattia del corpo o nella mente. Entrambi i reati rientrano nella fattispecie dei delitti.  I maltrattamenti sono puniti con la reclusione da 3 a 7 anni, aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in danno di un minore di una donna in gravidanza o di un disabile mentre il reato di percosse è punito con la reclusione fino a 6 mesi e con la multa fino a 309 euro ed è punibile a querela della persona offesa.

IL FOCUS DELLA SENTENZA

In definitiva la sentenza vuole stabilire un principio di responsabilità che, quindi, viene allargato, soprattutto in ambienti educativi dove il benessere psico-fisico del minore – che rappresenta il futuro dell’odierna società in cui viviamo – deve essere sempre garantito.

Ben vengano le azioni di monitoraggio fatte dai genitori a tutela dei minori, che, come nel caso della sentenza commentata, possono creare dei campanelli d’allarme.

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