La “massima tempestività” dell’aggiudicazione

Linee sistematiche, responsabilità del RUP e governo dei tempi dopo il correttivo 209/2024.

Di Luca Leccisotti

1. Premessa. Il tempo come parametro di legalità sostanziale

Fra le innovazioni meno appariscenti ma più incisive del D.lgs. 36/2023, lette alla luce del correttivo di cui al D.lgs. 209/2024, vi è la scelta di assumere il tempo non come mero sfondo cronologico delle procedure, bensì come parametro di legalità sostanziale. L’aggiudicazione non è più soltanto un esito da raggiungere “prima o poi”, ma un traguardo da conseguire entro scansioni codificate; la “massima tempestività” cessa di essere una formula retorica e diventa dovere giuridico misurabile, suscettibile di verifiche, sanzioni e—non ultimo—di responsabilità in capo ai soggetti dell’azione amministrativa. La centralità del tempo emerge tanto sul versante normativo, con l’art. 17, comma 3, e con l’Allegato I.3 che tipizzano termini massimi per la conclusione delle principali procedure, quanto su quello della vigilanza: l’Autorità nazionale anticorruzione richiama espressamente le stazioni appaltanti alla programmazione, alla tracciabilità e alla rendicontazione dei tempi, facendo del RUP il perno di un sistema in cui il ritardo non è più un’invariante statistica, ma un inadempimento che può rilevare ai fini contabili, disciplinari e organizzativi.

In questo contributo ricostruiamo il quadro regolativo, ne illuminiamo la ratio e le implicazioni applicative, con particolare attenzione al perimetro di responsabilità del RUP e alle tecniche di governo del tempo procedimentale: dalla definizione ex ante del cronoprogramma nella decisione a contrarre, alla gestione delle proroghe tipizzate, al rapporto con l’invarianza della graduatoria e con lo stand still, fino alla misurazione ex post dei tempi medi e alla correlata accountability. Il taglio è volutamente discorsivo e sistematico: interessa mostrare come le singole disposizioni costruiscano un micro‑sistema coerente, in cui la tempestività non mortifica le garanzie di concorrenza, ma—al contrario—le presidia traducendo la tutela dell’affidamento degli operatori in prevedibilità e stabilità del percorso di gara.

2. Il micro‑sistema della tempestività: art. 17, comma 3, e Allegato I.3

Il cuore della disciplina è nell’art. 17, comma 3, il quale, per la prima volta in modo esplicito, inscrive in norma primaria l’idea che la procedura di selezione debba concludersi entro termini massimi. L’Allegato I.3—al quale la disposizione rinvia—specifica tali termini distinguendo per tipologia di procedura (aperta, ristretta, competitiva con negoziazione, negoziata senza bando, dialogo competitivo, partenariato per l’innovazione) e per criterio di aggiudicazione (offerta economicamente più vantaggiosa vs minor prezzo). La scelta tecnica dell’allegato consente una scalatura fine: per l’OEPV, ad esempio, l’aperta dispone di un termine di nove mesi per la conclusione con aggiudicazione; la ristretta di dieci; la competitiva con negoziazione di sette; la negoziata senza previa pubblicazione di quattro; il dialogo competitivo ancora sette; il partenariato nove. Per il minor prezzo i termini si comprimono a cinque (aperta), sei (ristretta), quattro (competitiva con negoziazione) e tre (negoziata senza bando) mesi. L’innovazione non si esaurisce in un elenco: essa è funzionalizzata ad una misurabilità dei comportamenti amministrativi, che diventa presupposto di responsabilità e di miglioramento organizzativo.

Non meno significativa è l’interpolazione introdotta dal correttivo 209/2024 in relazione agli atti tecnici di avvio, specialmente nei lavori. Il primo comma dell’Allegato I.3, oggi riformulato, precisa che i documenti iniziali di gara per i lavori vanno pubblicati entro tre mesi dall’approvazione del progetto, con possibilità di estensione di trenta giorni mediante atto motivato del RUP in presenza di circostanze eccezionali, e di ulteriore mese in caso di oggettive difficoltà imprevedibili che rendano non sostenibili i tempi procedimentali. In tal modo il legislatore interviene a monte della procedura selettiva, ponendo un argine al fisiologico slittamento tra approvazione progettuale e indizione, che—nei cicli di prezzo elevato—può tradursi in scompensi tali da mettere a repentaglio la stessa eseguibilità dell’opera.

La decorrenza dei termini è a sua volta tipizzata: essi si computano “dalla pubblicazione del bando o dall’invio degli inviti a offrire, fino all’aggiudicazione alla migliore offerta”. È una formula che risolve una vexata quaestio del passato, quando il riferimento all’“atto di avvio” generava ambiguità tra decisione a contrarre e atti di indizione; e soprattutto è una formula che non ammette sospensioni, salvo l’ipotesi— altrettanto tipizzata—della sospensione cautelare giurisdizionale. Il tempo, una volta “aperto” con la lex specialis, scorre fino alla decisione conclusiva; la gestione del contenzioso diventa, essa stessa, un fattore del cronoprogramma, senza con ciò abbassare la tutela effettiva, affidata agli strumenti cautelari tipici.

3. La ratio: principio del risultato e tutela dell’affidamento concorrenziale

L’architettura della tempestività risponde alla logica del principio del risultato (art. 1), che nel Codice 2023 assume un valore di legalità sostanziale: non è conforme all’ordinamento un procedimento che, pur formalmente corretto, si dilati oltre misura, perché tale dilatazione consuma risorse pubbliche e erode l’affidamento degli operatori. L’affidamento—è bene sottolinearlo—non si riduce alla certezza del criterio né all’imparzialità dell’organo valutativo; esso comprende la prevedibilità temporale del percorso, senza la quale i piani industriali e finanziari degli operatori sono privi di un elemento essenziale. In questo senso la tempestività tutela non solo l’interesse dell’amministrazione alla realizzazione dell’opera o del servizio, ma anche quello del mercato ad una competizione seria, fondata su regole e tempi conoscibili ex ante.

La funzione sistemica si amplifica in relazione agli obiettivi PNRR. Il correttivo qualifica la tempestività come condizione per la tenuta degli impegni europei, riflettendosi in obblighi di monitoraggio che gravano sulle stazioni appaltanti a decorrere dal 1° gennaio 2025: con cadenza semestrale le amministrazioni devono verificare il tempo medio intercorrente tra il termine per la presentazione delle offerte e la stipula del contratto; se tale valore supera i 160 giorni, è dovuto l’invio ad ANAC di un piano di riorganizzazione che individui misure e tempi di riduzione. La prospettiva è di accountability: non più solo adempimenti, ma indicatori prestazionali, con possibili sanzioni in caso di omissione e, sul versante positivo, premialità in sede di qualificazione per chi contenga i tempi entro 115 giorni. La velocità non è un feticcio, ma un fattore di qualità amministrativa.

4. Il RUP debitore di risultato: responsabilità, poteri, atti‐scudo

Il baricentro operativo è il RUP, configurato—non senza forzature retoriche—come debitore di risultato. Il linguaggio è eloquente: non basta l’impegno diligente; occorre conseguire l’aggiudicazione nei tempi massimi previsti o, in alternativa, giustificare in modo tipico lo scostamento ricorrendo alle proroghe previste dall’Allegato I.3. Qui si innesta un nucleo di responsabilità che conviene leggere con lucidità: la responsabilità amministrativo‑contabile non si traduce automaticamente in “oggettiva”, perché nessun ordinamento serio prescinde dai profili soggettivi e dalle condizioni organizzative date. E tuttavia la norma produce un effetto di traslazione sulla catena di comando: il RUP deve documentare le cause che incidono sui tempi, adottare atti formali di proroga motivata, aggiornare la decisione a contrarre con il cronoprogramma realistico, alimentare un fascicolo dei tempi che consenta la tracciabilità in sede ispettiva o contabile. Più che una responsabilità “punitiva”, è una responsabilità di governo.

Il perimetro dei poteri corrispondenti è definito dalle stesse fonti. Da un lato, la decisione a contrarre deve contenere la durata prevista della fase pubblicistica; dall’altro, l’Allegato I.3 attribuisce al RUP il potere di disporre, con atto motivato, prolungamenti del termine nei casi tipizzati: un mese per la verifica dell’anomalia; tre mesi in presenza di circostanze eccezionali; ulteriori tre ove si diano situazioni imprevedibili di oggettiva difficoltà tali da rendere insostenibili i tempi procedimentali dal punto di vista dell’organizzazione e della particolare complessità. L’atto del RUP non è una formula di stile: deve ancorare la motivazione a evidenze documentali (calendari di sedute, richieste di chiarimenti, riscontri degli operatori, ricadute della verifica di anomalia, carenze del mercato, sopravvenienze normative, blocchi infrastrutturali delle piattaforme), in modo da costituire un argine probatorio.

5. La trama delle fasi: decisione a contrarre, indizione, valutazione, aggiudicazione, stipula

Il governo dei tempi implica un disegno processuale che non inizia con il bando né termina con l’aggiudicazione. Nella decisione a contrarre la stazione appaltante deve prefigurare una tabella di marcia: calendario realistico delle pubblicazioni, scansioni delle sedute, tempi di verifica dei requisiti e dell’eventuale anomalia, finestra per lo stand still, previsione di eventuali opzioni (proroghe tecniche e rinnovi attinenti alla fase esecutiva, da considerare nel valore stimato, ma anche temporalmente coordinate). L’indizione segna la decorrenza del termine massimo: da quel momento il cronometro è acceso e va gestito con disciplina. La valutazione delle offerte—specie nelle OEPV complesse—deve essere organizzata con sedute calendarizzate e verbalizzate; i tempi morti derivanti da defatiganti richieste di chiarimenti possono essere ridotti se la lex specialis è chiara, se i sub‑criteri sono ben congegnati, se la commissione è competente e coesa. L’aggiudicazione è l’atto conclusivo della fase pubblicistica, ma non chiude il “tempo di progetto”: la stipula è l’alveo in cui si misura l’indicatore dei 160 o 115 giorni, onde la necessità di coordinare le attività di verifica dei requisiti e di controllo dei flussi (CIG, CUP, tracciabilità) con la disponibilità degli organi decisionali alla stipulazione.

In questo percorso la invarianza della graduatoria dopo la chiusura della fase di ammissione gioca un ruolo di stabilizzazione: l’eventuale esclusione sopravvenuta di un concorrente non impone ricalcoli né rifacimenti; si procede per scorrimento, preservando l’investimento di tempo già compiuto. Analogamente, lo stand still non è una pausa “improduttiva”, ma una tutela giurisdizionale che deve essere integrata nella pianificazione temporale, calibrando la data della stipula in coerenza con i termini di legge e con l’eventuale contenzioso cautelare.

6. Proroghe tipizzate e tecnica della motivazione

Le proroghe previste dall’Allegato I.3 non sono una valvola generica, ma tipi legali con presupposti e limiti puntuali. La verifica dell’anomalia giustifica l’estensione di un mese: si tratta di un cono d’ombra in cui la stazione appaltante esercita una funzione mista, tecnico‑discrezionale (commissione) e giuridico‑contabile (RUP), e in cui la sedimentazione del contraddittorio richiede tempi effettivi. Le circostanze eccezionali e le situazioni imprevedibili sono categorie elastiche, ma non vaghe: vanno riempite di contenuto con riferimenti a fatti organizzativi non fronteggiabili con la diligenza ordinaria, a complessità tecniche non prevedibili in sede di programmazione, a eventi esogeni che alterino il quadro (si pensi a scioperi, eventi naturali, blocchi di piattaforma, sopravvenienze normative significative). La motivazione deve essere “narrativa” e tracciabile: spiegare, senza formule rituali, perché la dilazione è necessaria, quali effetti si produrrebbero senza di essa, quali misure organizzative si sono adottate per contenerla. Così concepita, la proroga non è un alibi ma una misura di governo trasparente.

7. Il nesso con la digitalizzazione: piattaforme, log, marche temporali

La gestione del tempo è inseparabile dalla infrastruttura digitale. Il Codice pretende che le procedure si svolgano su piattaforme che garantiscano integrità, non alterabilità e tracciabilità delle operazioni. Nella realtà—soprattutto nella fase transitoria—il tema non è sempre lineare. La giurisprudenza mostra una ragionevole apertura ove l’amministrazione dimostri che, pur in assenza di formale certificazione al momento dell’indizione, il sistema assicura log affidabili, marcature temporali, conservazione dei documenti e separazione dei ruoli. Per il governo del tempo ciò significa che il RUP deve farsi carico della documentazione tecnica della piattaforma, inserirla nel fascicolo, usarla per marcare eventi decisivi (pubblicazioni, invii, ricezioni, sedute, chiusure), e così scudare la catena temporale da contestazioni. Il tempo non si governa se non si misura; e non si misura senza una prova digitale robusta.

8. La dimensione organizzativa: programmazione delle sedute, presidio della commissione, dialogo con il mercato

Governo del tempo è anche organizzazione del lavoro. Le commissioni che si riuniscono a singhiozzo, i calendari “aperti” e rinegoziati a ogni passo, i chiarimenti stratificati senza una regia, sono le cause prime dei superamenti. L’antidoto è nella programmazione: sedute calendarizzate ab initio, con ordini del giorno realistici; presidi amministrativi che anticipano gli snodi critici; Q&A impostati con chiarezza, evitando domande seriali; sub‑criteri calibrati per ridurre l’alea interpretativa. Il dialogo con il mercato, nelle forme consentite, aiuta: documenti di gara ben scritti riducono il contenzioso e accorciano i tempi; il contraddittorio su anomalie e giustificativi, se gestito con linearità, evita defatigazioni. È qui che il RUP mostra di essere non il capro espiatorio, ma il regista di un processo.

9. Tempestività e contenzioso: tra cautelari e responsabilità

Il sistema non finge che il contenzioso non esista: lo riconosce come componente fisiologica e lo incanala. La regola della non sospendibilità dei termini, salvo provvedimento cautelare, obbliga l’amministrazione a continuare a lavorare fino al punto in cui un giudice ritenga necessario fermare la macchina. È un equilibrio delicato, che impone—ancora una volta—tracciabilità: dimostrare che si è rispettato il programma, che si sono svolte le verifiche nei tempi, che gli atti sono andati avanti fino all’eventuale sospensione. Sul piano delle responsabilità, il richiamo al silenzio‑inadempimento è un segnale culturale: non più ritardi “senza volto”, ma ritardi attribuibili a chi aveva il potere di evitarli o di gestirli. Lungi dall’evocare cacce al colpevole, il sistema chiama i dirigenti a dotarsi di strutture e procedure idonee; chi può dimostrare di aver predisposto misure ragionevoli e di averle attuate difficilmente potrà essere ritenuto responsabile per ritardi imputabili a fattori esterni non dominabili.

10. Una lettura sistemica con altri istituti: invarianza, stand still, proroghe tecniche e rinnovi

La disciplina dei tempi si salda con altri tre snodi del Codice. Con l’invarianza, già ricordata, condivide la logica di stabilità: il tempo investito in valutazioni non va disperso per fatti sopravvenuti; la risposta è lo scorrimento. Con lo stand still condivide la logica di prevedibilità: i tempi di tutela giurisdizionale sono parte del progetto, non incidenti imprevedibili. Con le proroghe tecniche e i rinnovi della fase esecutiva condivide la logica di predeterminazione: ciò che si può fare in esecuzione—prolungare, replicare, incrementare—va scritto prima, valorizzato nel valore stimato e coordinato con la tempistica della nuova gara, così da evitare l’abuso della proroga tecnica come surrogato di un’istruttoria in ritardo cronico. Il risultato è un ecosistema: tempi certi in gara, opzioni chiare in esecuzione, catena digitale tracciabile.

11. Conclusioni. Dalla retorica dei ritardi alla governance del tempo

Il Codice 2023, corretto nel 2024, segna il passaggio dalla retorica dei ritardi alla governance del tempo. La scommessa è culturale prima che normativa: abbandonare l’idea che il ritardo sia la regola e l’eccezione la tempestività; riconoscere che il tempo è risorsa pubblica e bene competitivo. In questo scenario il RUP è chiamato a un salto di qualità: non burocrate che “subisce” i tempi, ma ingegnere del procedimento che li progetta, misura e difende. Le norme non sono un cappio, ma una cassetta degli attrezzi: termini massimi misurabili; proroghe tipizzate; strumenti digitali di prova; indicatori di performance; premialità e responsabilità. Il diritto amministrativo degli appalti, così inteso, smette di essere un labirinto e diventa una mappa in cui la rotta è chiara e il cronometro, finalmente, è parte della bussola.

Riquadro operativo (in forma discorsiva) per i RUP – Il governo del tempo come pratica quotidiana

Il RUP che assume sul serio la geografia normativa del tempo non si limita a inserire una data nella determina a contrarre. Costruisce un cronoprogramma articolato che si nutre di realtà e non di auspici: studia la complessità della gara, calibra il numero e la durata delle sedute della commissione, predispone in anticipo i format di verbale, si accorda con gli uffici per la verifica dei requisiti e per la predisposizione degli schemi di provvedimento. Soprattutto, scrive una narrazione motivazionale che accompagna la procedura: quando sceglie l’OEPV, sa che sta entrando in un percorso con termine massimo più ampio ma con variabili interpretative maggiori, e dunque pianifica Q&A chiari e sub‑criteri ben congegnati; quando opta per il minor prezzo, non si illude che la semplicità formale basti a scongiurare contenziosi, ma organizza la fase di verifica con uguale rigore. Nel corso della gara registra ogni snodo: le richieste di chiarimenti, le risposte, le sospensioni fisiologiche, gli eventi digitali marcati dalla piattaforma. Se occorre ricorrere alle proroghe tipizzate, non si affida a formule di stile: motiva richiamando i fatti che hanno imposto l’estensione e indica le misure correttive adottate per comprimerla. Alla chiusura della fase di ammissione sigilla, con un verbale puntuale, l’elenco definitivo degli ammessi, consapevole che da quel momento opera l’invarianza e che ogni esclusione successiva comporterà lo scorrimento. Gestisce lo stand still come parte integrante del progetto temporale, prevenendo le incomprensioni del mercato con comunicazioni chiare e tempestive. Infine, quando guarda agli indicatori semestrali del tempo medio, non li teme: li usa come specchio per tarare l’organizzazione, per individuare colli di bottiglia, per motivare richieste di risorse o di formazione. Il lessico della tempestività non si riduce a un elenco di doveri; è la grammatica di una professionalità amministrativa che riconosce nel tempo un bene comune. In questa consapevolezza si misura la maturità del sistema degli appalti, e non soltanto la capacità di resistere al contenzioso.

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