I termini per la presentazione della querela in caso di mancato rientro.
Di Michele Giuliano Perrone
È di qualche mese fa una sentenza della Corte di cassazione, la n. 17844/2025, secondo la quale “il termine per presentare querela per appropriazione indebita da parte del noleggiatore, decorre dal momento in cui si viene a conoscenza della volontà da parte del contraente di non voler restituire il veicolo noleggiato”.
IL FATTO
La vicenda trattata dai giudici della Suprema Corte riguarda quella di un soggetto avente la piena disponibilità e utilizzo di un’autovettura appartenente ad una società di “leasing”, acquisita a seguito della stipula di un formale contratto di locazione con una società terza.
L’uomo, avendo sottoscritto un regolare contratto di consegna, aveva la disponibilità del veicolo e dei relativi documenti.
Più volte, nonostante la scadenza del contratto e dietro diffida della società di leasing a non utilizzare più l’autovettura e a restituirla, aveva ignorato la missiva.
Di fronte all’inottemperanza di restituire il veicolo e nonostante svariati controlli da parte delle Forze di Polizia che avevano visto l’uomo alla guida del mezzo, la società proprietaria, sporge formale denuncia per “appropriazione indebita“ portando l’individuo a giudizio.
LA DECISONE DELLA CORTE ED IL FOCUS DELLA SENTENZA
L’uomo, indagato per il reato di cui sopra, propone ricorso in Cassazione adducendo svariate motivazioni, tra le quali:
- Una richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare “tenuità del fatto” (ex art. 131 bis c.p.).
- Il riesame dell’apparato sanzionatorio e la sostituzione “della pena detentiva” (ex art. 545 bis del c.p.p.).
Esaminando gli atti, gli ermellini hanno dichiarato il ricorso infondato confermando “ergo et in plena”, la condanna per l’uomo per il reato di “appropriazione indebita” condannando altresì il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
I giudici hanno basato la propria decisione su una serie di argomentazioni ipsa iure e “praesumptio iuris et de iure” confermando in questo modo i precedenti gradi di giudizio.
In primis, la Corte, ha ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato, difatti, era l’unico ad avere la disponibilità materiale del veicolo come dimostrato, dal contratto, dal verbale a sua firma, dal possesso delle chiavi e documenti e, non per ultimo, dai controlli espletati dalle Forze di Polizia e dall’inottemperanza alla diffida di restituzione dell’autovettura.
In secundis, la decisione di non concedere all’individuo la “tenuità del fatto” si basa su suoi svariati precedenti penali definiti “truffaldini”.
IL REATO DI APPROPRIAZIONE INDEBITA
Detto reato, trova riscontro nell’articolo 646 del Codice penale.
Il reato di appropriazione indebita si configura quando una persona si appropria di denaro o cose mobili altrui di cui ha il legittimo possesso, al fine di trarre un ingiusto profitto, trattando il bene come se fosse il proprietario e rifiutandosi di restituirlo.
Il reato viene, quindi, messo in atto mediante una condotta diretta a tradire la fiducia del proprietario, (come nel caso “ut supra” trattato). Le pene previste per questo tipo di reato sono la reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 1000 a 3000 euro. Il reato è procedibile a querela di parte.
LE CONCLUSIONI
La sentenza de qua, ribadisce un principio cardine fondamentale: “l’utilizzo del bene altrui – nella fattispecie, un’auto in leasing o a noleggio – oltre i termini contrattuali e contro la volontà espressa del proprietario, non è considerato un semplicemente un inadempimento civile ma è considerato un grave reato.“









