Cass. Terza Sezione Penale sentenza nr. 13132.
di Stefano MANINA
In tema di furto la Terza Sezione penale della Cassazione ha affermato che è configurabile l’aggravante del fatto commesso su cose destinate a pubblica utilità nel caso di sottrazione del danaro costituente l’incasso di un distributore di carburanti, contenuto nella colonnina dei pagamenti self service, sussistendo la maggiore gravità del delitto non solo quando sia sottratta la cosa specificamente destinata a pubblica utilità, ma anche quando l’oggetto della sottrazione sia costituito da una cosa ad essa inerente.
La questione trae origine da una sentenza del Tribunale di Palermo che condannava due soggetti ritenuti responsabili del reato di furto aggravato di cui agli artt. 56, 110, 624, 625, n. 2, 5, 7, cod. pen. per aver compiuto, in concorso atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi dell’incasso di un distributore di carburanti, utilizzando, per abbattere la colonnina per i pagamenti self service, un furgone di provenienza furtiva.
La Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza primo grado riformandola parzialmente con riduzione della pena nei confronti di uno dei due interessati.
Entrambi i soggetti presentavano ricorso in Cassazione sula base di diverse doglianze tutte rigettate dalla Suprema Corte.
In particolare uno dei ricorrenti nel proporre ricorso lamentava l’insussistenza della circostanza aggravante della destinazione a pubblica utilità della colonnina per i pagamenti self service, sostenendo che in detta categoria sono stati fatti rientrare beni destinati a soddisfare esigenze della collettività, come linee telefoniche, elettrodotti, treni, senza esservi tuttavia alcun richiamo agli impianti di distribuzione di carburante, conseguendone la procedibilità a querela del reato contestato.
Gli Ermellini hanno ritenuto infondato tale motivo condividendolo sviluppo argomentativo delle sentenze dei giudici di merito secondo cui un impianto di distribuzione di carburanti è destinato a pubblica utilità, ovvero a soddisfare esigenze di natura collettiva, avuto riguardo al tipo e alle caratteristiche del servizio erogato ed alla competenza al rilascio dell’autorizzazione necessaria in capo agli organi comunali che si spiega proprio in considerazione della destinazione del servizio in favore della collettività.
Infatti la giurisprudenza civile di legittimità ha avuto modo di definire in diverse occasioni il servizio di distribuzione dei carburanti come un servizio pubblico
Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che l’organo comunale competente a pronunciarsi sulle domande dirette ad ottenere l’autorizzazione all’apertura di un distributore di carburanti è il Consiglio Comunale perché si tratta di atti che incidono sull’esercizio e sulla organizzazione di un servizio pubblico di rilievo anche locale-
L’equilibrato assetto della rete distributiva dei carburanti costituisce un aspetto rilevante e strumentale per garantire ai cittadini il pieno esercizio del diritto alla circolazione ed integra, perciò, un interesse generale (Cons. Stato, n. 6142 del 16/10/2006).
Secondo i giudici supremi poi gli impianti di distribuzione dei carburanti sono anche assoggettati alla disciplina dello sciopero nei servizi pubblici essenziali di cui alla legge n. 146 del 1990, essendosi ritenuto che la distribuzione di prodotti energetici non è fine a sé stessa, ma bensì finalizzata alla concreta realizzazione di diritti costituzionalmente garantiti per la realizzazione dei quali si rende necessario il ricorso a tali prodotti.
In definitiva quindi gli impianti di carburante sono beni destinati alla pubblica utilità, in quanto erogano un prodotto energetico destinato al soddisfacimento di esigenze essenziali per la collettività.
Nell’ordinamento attuale anche dopo la riforma Cartabia d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, il delitto di furto continua ad esser procedibile di ufficio quando il fatto è commesso su cose destinate a pubblica utilità (Sez. 5, n. 4767 del 21/01/2025, Torricelli, non mass.), circostanza aggravante che ricorre nel caso in esame in quanto la norma considera il furto «su» cose, e non «di» cose destinate a pubblica utilità, con la conseguenza che la nozione va riferita alla situazione complessiva esistente al momento dell’azione delittuosa.
Ricorre quindi l’aggravante non soltanto quando sia sottratta la cosa destinata a pubblica utilità ma anche nel caso in cui l’agente sottragga o miri a sottrarre una cosa (il denaro) ad essa inerente o, come nella specie, in essa contenuta.
A condizione però, come nel caso in esame, che il fatto del colpevole abbia pregiudicato o almeno esposto a pericolo di pregiudizio il servizio pubblico, ovvero, reso inutilizzabile o meno efficace la cosa destinata a pubblica utilità (Sez. 2, n. 1662 del 25/11/1966, dep. 1967, La Barbera, Rv. 103918 – 01).
In allegato il testo della sentenza in commento.