Di Michele Mavino
La sentenza della Corte di Cassazione del 14 luglio 2025, n. 25776 si inserisce nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di riciclaggio, fornendo chiarimenti importanti sulla distinzione tra tale reato e la ricettazione, nonché sull’idoneità di certe condotte a integrare l’elemento oggettivo del primo.
L’imputato aveva proposto ricorso contro la decisione della Corte di Appello di Bari che, confermando la pronuncia del GUP di Foggia, lo aveva condannato per riciclaggio ex art. 648-bis c.p. I motivi del ricorso vertevano su tre profili principali:
- L’inattendibilità delle dichiarazioni rese in sede di udienza preliminare;
- La contestazione della qualificazione del garage come “pertinenza” dell’abitazione in relazione alla circostanza attenuante di cui all’art. 648-bis, comma 4, c.p.;
- La sussistenza del reato di riciclaggio, anziché quello di ricettazione, stante l’assenza di manomissioni identificative sul ciclomotore.
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per l’aspecificità dei motivi, rilevando la mancata confrontazione con le motivazioni già esaurientemente espresse dai giudici di merito.
Quanto al primo motivo, la Corte sottolinea come la valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni rese dall’imputato non si basi esclusivamente sulla tardività (cioè sul fatto che siano intervenute solo in udienza preliminare e non nelle indagini), ma anche sulla loro implausibilità logica: appare poco credibile che l’imputato abbia collaborato nello smontaggio del veicolo rubato senza interrogarsi minimamente sulla sua provenienza o senza chiedere spiegazioni ai coautori.
Sulla doglianza relativa alla mancata applicazione dell’attenuante prevista dal comma quarto dell’art. 648-bis c.p., la Cassazione ricorda che la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto che la “pertinenza” di un’abitazione può estendersi anche a immobili non fisicamente contigui, purché ad essa funzionalmente asserviti. È il caso del garage ubicato anche in altro stabile, se destinato stabilmente al servizio della casa. Di conseguenza, l’assunto difensivo – secondo cui la distanza tra i due immobili escluderebbe la natura pertinenziale – è stato ritenuto manifestamente infondato.
Riciclaggio vs. ricettazione: il criterio distintivo
Il punto centrale della pronuncia è tuttavia la disamina della condotta contestata – lo smontaggio del ciclomotore rubato – sotto il profilo della sua rilevanza penale.
La Corte ribadisce che anche operazioni apparentemente semplici come la “cannibalizzazione” di un veicolo (cioè lo smontaggio in pezzi, in vista della loro vendita o riutilizzo) possono integrare il reato di riciclaggio. Non è infatti necessario che vi sia un’alterazione fisica o documentale dei dati identificativi (come numero di telaio o targa). È sufficiente che l’attività posta in essere renda difficoltosa – se non impossibile – la riconducibilità del bene alla sua origine illecita.
La Corte richiama sul punto una giurisprudenza ampia e coerente, che valorizza l’effetto “dissimulativo” della condotta piuttosto che la sua natura tecnica o la sua incidenza materiale sui dati identificativi.
È proprio questo elemento – l’idoneità della condotta a ostacolare concretamente l’accertamento della provenienza delittuosa – che distingue il riciclaggio dalla ricettazione, la quale, al contrario, si caratterizza per il dolo specifico di profitto e per una condotta che si limita a ricevere il bene provento di reato senza “trasformarlo” o dissimularne l’origine.
Corte di Cassazione sez. II Penale, sentenza del 14 luglio 2025), n. 25776
Presidente Imperiali – Relatore D’Auria
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 29/04/2024 la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia del 20/06/2018, che aveva condannato A.A. per il reato di riciclaggio.
2. L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla valutazione delle dichiarazioni rese dall’A.A.. Rileva che la Corte territoriale non ha valutato la circostanza che dette dichiarazioni sono state rese solo davanti al Giudice dell’udienza preliminare, in quanto il ricorrente non è mai stato interrogato nella fase delle indagini preliminari; che nemmeno ha spiegato perché tali dichiarazioni dovessero essere disattese per motivi altri che non fosse solo il lasso di tempo decorso.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., in relazione all’art. 624-bis cod. pen. Osserva che, i giudici di appello hanno erroneamente ritenuto il garage all’interno del quale era custodito il ciclomotore rubato pertinenza dell’abitazione della persona offesa, tenuto conto che i due immobili sono distanti tra loro, di talché il primo non può costituire pertinenza della seconda; che, dunque, avrebbero dovuto applicare la circostanza attenuante di cui all’art. 648-bis, comma quarto, cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con riferimento all’art. 648-bis cod. pen. Rappresenta che la condotta tenuta dal ricorrente, consistita unicamente nello smontare in singoli pezzi il ciclomotore di provenienza furtiva, avrebbe dovuto essere più correttamente inquadrata nella fattispecie di cui all’art. 648 cod. pen., atteso che l’attività di “taroccamento” o di “cannibalizzazione” di autovetture provento di furto non rientra nelle condotte di riciclaggio o di autoriciclaggio.
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo non è consentito, perché aspecifico, tenuto conto che ignora la articolata motivazione del provvedimento impugnato sullo specifico punto della ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente. In particolare, la Corte di merito ha dato fondato il suo convincimento non solo sulla tardività delle dichiarazioni, stante l’assenza di qualsivoglia giustificazione fornita nell’immediatezza dall’A.A., ma anche sulla loro inverosimiglianza, «essendo del tutto implausibile che l’imputato, senza chiedere conto ai due complici dell’appartenenza e della provenienza del ciclomotore, si fosse determinato estemporaneamente a collaborare con loro nel sezionamento per venderne le componenti» (pag. 1 della sentenza impugnata).
Trattasi di motivazione congrua e priva della denunziata illogicità, con la quale la difesa non si confronta affatto.
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (cfr., Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/06/2016, Dantese, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849 – 01).
Considerato in diritto
1.2. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto la corrispondente doglianza proposta con l’appello era del tutto generica, limitandosi ad apodittiche ed immotivate affermazioni in ordine alla configurabilità nel caso di specie della circostanza attenuante di cui all’art. 648-bis, comma quarto, cod. pen. e tanto ai soli fini del calcolo della pena. Tale genericità giustifica la motivazione contratta della Corte territoriale, in punto di qualificazione come pertinenza dell’abitazione del garage dove era custodito il ciclomotore rubato.
In ogni caso il motivo è manifestamente infondato, atteso che la giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di precisare che, in tema di furto in abitazione, deve intendersi “pertinenza di luogo destinato a privata dimora” ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità economica all’immobile principale o, comunque, funzionalmente ad esso asservito e destinato al suo servizio od ornamento in modo durevole, non necessitando un rapporto di contiguità fisica tra i beni (Sez. 4, n. 50105 del 05/12/2023, Santin, Rv. 285470 – 01, che ha riconosciuto natura pertinenziale a un garage, al servizio dell’abitazione principale, seppur ubicato in un diverso complesso condominiale, nell’ambito del medesimo territorio comunale; Sez. 5, n. 27326 del 28/04/2021, Colucci, n.m.).
1.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte di legittimità è costante nell’affermare che integra l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 648-bis cod. pen. anche il mero smontaggio di singoli pezzi non muniti di codice identificativo, ai fini della loro alienazione o del loro riutilizzo, di un bene mobile registrato, come un ciclomotore, di provenienza delittuosa, atteso che anche detta condotta costituisce una operazione atta ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene (Sez. 2, n. 46321 del 21/09/2016, Di Santo, Rv. 268401 – 01; Sez. 2, n. 12766 del 11/03/2011, Spagnolo, Rv. 249678 – 01). Invero, per escludere il delitto di riciclaggio non rileva che il bene resti astrattamente tracciabile, ciò che accade in assenza di alterazione dei suoi dati identificativi (numeri di telaio e di motore, oltre alla targa), qualora, proprio in forza di interventi di manomissione delle sue componenti, se ne alteri l’identità in modo da non renderlo più riconoscibile. Per converso, un bene può restare fisicamente identico e, ciò nondimeno, di difficile tracciabilità a causa di plurimi trasferimenti, dopo che è stato sottratto alla sfera di controllo del suo titolare.
Dunque, la sostanziale modificazione degli elementi identificativi dell’oggetto materiale del reato non rappresenta un elemento ineludibile per la punibilità del riciclaggio, potendo configurarsi la condotta punibile anche in presenza di attività che, pur non mutando l’essenza del bene di provenienza delittuosa, costituiscano pur sempre un quid pluris rispetto alla semplice ricezione del bene e siano altresì caratterizzate dal frapporre ostacoli concreti alla identificazione del bene quale provento di precedente delitto (Sez. 2, n. 6586 del 11/01/2024, Pepe, Rv. 285909 – 01; Sez. 2, n. 46754 del 26/09/2018, D., Rv. 274081 – 01, in motivazione.
Tornando al caso che si sta scrutinando, l’attività di smontaggio del ciclomotore, per un verso, ha ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa dei singoli pezzi smontati, non più riconoscibili quali componenti del ciclomotore rubato e, per altro verso, ha sostanzialmente trasformato il bene in un altro non conforme e, dunque, di non più agevole riconoscibilità (quale provento di furto), rispetto ai numeri identificativi su di esso impressi, che sono rimasti inalterati. A tale ultimo proposito, del resto, è consolidato l’orientamento secondo il quale integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche soltanto a rendere difficoltoso l’accertamento della provenienza del bene (Sez. 2, n. 18406 del 06/05/2025, Fortunato, n.m.; Sez. 2, n. 3044 del 11/12/2024, dep. 2025, De Francesco, Rv. Rv. 287488 – 01, in motivazione; Sez. 2, n. 41517 del 13/09/2024, Olivieri, Rv. 287183 – 01, in motivazione; Sez. 5, n. 21925 del 17/04/2018, Ratto, Rv. 273183 – 01; Sez. 2, n. 26208 del 09/03/2015, Steinhauslin, Rv. 264369 – 01). In altri termini, l’efficacia dissimulatoria dell’azione rispetto all’origine del bene non deve essere necessariamente assoluta, tenuto conto che l’art. 648-bis cod. pen., utilizzando – tra gli altri – il termine «ostacolare», consente di ritenere integrato il delitto di riciclaggio anche con il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, ciò che accade appunto con la “cannibalizzazione” del veicolo, a prescindere dalla alterazione dei dati identificativi dello stesso quali il telaio, il numero di targa o quello del motore.
Dunque, non può esser condivisa la tesi del ricorrente, secondo la quale il delitto di riciclaggio non potrebbe prescindere da un’azione incidente sugli identificativi numerici e/o documentali del bene mobile registrato.
Del resto, il delitto di riciclaggio si differenzia da quello di ricettazione in relazione i) all’elemento materiale, che si connota per l’idoneità a ostacolare l’identificazione della provenienza del bene e ii) all’elemento soggettivo, costituito dal dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione, mentre la ricettazione è connotata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un profitto (Sez. 2, n. 4853 del 16/12/2022, dep. 2023, Natale, Rv. 284437 – 01; Sez. 2, n. 30265 del 11/05/2017, Giamé, Rv. 270302 – 01; Sez. 2, n. 48316 del 06/11/2015, Berlingeri, Rv. 265379 – 01; Sez. 2, n. 50950 del 13/11/2013, Vinciguerra, Rv. 257982 – 01).
3. All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.