Due sentenze gemelle confermano i limiti del giudice dell’esecuzione e la forza del giudicato.
Di Carmine Soldano
Due sentenze gemelle confermano i limiti del giudice dell’esecuzione e la forza del giudicato
La Corte di Cassazione interviene con due pronunce gemelle per chiarire un principio cardine del diritto penale: il giudice dell’esecuzione non può riscrivere la storia dei fatti già accertati nel processo di merito. Le decisioni – emesse dalla Terza Sezione Penale – riguardano un vecchio caso di costruzioni abusive e violazioni paesaggistiche avvenuto a Ischia, già definito con sentenza irrevocabile anni addietro.
In sede esecutiva, il Tribunale aveva prima riqualificato il reato in una contravvenzione, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 56/2016 e, poi, revocato la sospensione condizionale della pena per mancata demolizione delle opere abusive. Tutto sulla base di una data dei fatti indicata al 2008.
La Cassazione, tuttavia, ha bloccato tutto: quella data era errata! Le sentenze definitive avevano già accertato che i lavori erano stati compiuti poco dopo il sequestro del 2005, e non nel 2008. Ergo, essendo decorsi ampiamente i termini di prescrizione previsti per le contravvenzioni edilizie, il reato doveva considerarsi estinto ipso iure.
Con la prescrizione, anche le ruspe si fermano: l’ordine di demolizione perde ogni efficacia. In base a consolidato orientamento giurisprudenziale, l’ordine di rimessa in pristino può essere impartito solo in presenza di una condanna per reato edilizio o paesaggistico ancora attuale. In mancanza, non può sopravvivere né l’obbligo di demolizione, né la revoca della sospensione condizionale della pena per la sua inottemperanza.
Le decisioni de quibus rafforzano, così, il principio di intangibilità del giudicato: una volta accertato il fatto e la sua collocazione temporale, nessun intervento successivo può alterarne il contenuto, neanche in fase esecutiva, nemmeno per effetto di mutamenti giurisprudenziali o sentenze costituzionali sopravvenute. Ne procedat iudex in malam partem.
In conclusione, il messaggio della Suprema Corte è chiaro: il rispetto delle regole processuali è la garanzia più solida per la certezza del diritto, anche quando si tratta di reati edilizi.
Ogni compressione del giudicato rischia di trasformarsi in un abuso: iura novit curia, ma i fatti, una volta accertati, restano immutabili.